Politica
A "Supermario" Draghi serve un supporto sulla comunicazione
I lunghi silenzi del primo mese in carica e le ovvietà dette sui giovani che saltano la fila dei vaccini evidenziano il bisogno di un professionista
Mario Draghi ha deciso di cambiare strategia sulla comunicazione e quindi sta cercando un social media manager che lo aiuti. Bene.
Che ne abbia bisogno si è visto anche nella conferenza stampa di ieri, soprattutto nella sua dichiarazione sui giovani che si vaccinano al posto di persone più fragili. Ha perfettamente ragione a chiedersi “con quale coscienza” si facciano scelte del genere: è talmente giusto da essere persino banale. Ma nella comunicazione non esiste “solo” il contenuto: ci sono anche il contesto e la metacomunicazione, che a prescindere da quanto viene detto definiscono la relazione tra chi parla e chi ascolta.
Ebbene, il compito del Presidente del Consiglio non è stigmatizzare comportamenti poco nobili, ma porre le condizioni affinché essi non possano verificarsi. Fino a prova contraria, i giovani che “saltano la fila” lo fanno approfittandosi di carenze del sistema pubblico che eroga i vaccini, non certo acquistando le dosi al mercato nero o rubandole dalle mani degli anziani.
Molto più efficace sarebbe stata un'affermazione chiara: “Siccome questi comportamenti non sono ammissibili, abbiamo adottato questi provvedimenti per evitarli: (con annesso elenco)". Il concetto sarebbe stato il medesimo, ma la differenza sarebbe stata totale.
Lasciamo perdere lo Stato etico, una sciagura tipica dei regimi totalitari, ma anche il bonario paternalismo da parte del capo del Governo non è accettabile: non a caso, è stato uno dei punti sui quali persino un predecessore amatissimo come Giuseppe Conte è stato più volte criticato. E a ragione.
Il compito della politica non è indicare comportamenti virtuosi, ma tutelare i più deboli (siano essi fragili sanitariamente, socialmente o economicamente), facendo in modo che possano godere di quei diritti che da soli non sono in condizioni di esigere. E' scritto nella Costituzione, ma anche nel senso comune.
Più in generale, l'idea un po' autoreferenziale con la quale Draghi si è presentato a Palazzo Chigi (“Si parla solo se si ha qualcosa da dire”) è clamorosamente datata. E non da oggi. Già negli anni '60, Paul Watzlawick e la Scuola di Palo Alto avevano pubblicato i cinque assiomi della comunicazione, del quale il primo spiega che “è impossibile non comunicare”. Persino stando zitto, mandi un messaggio: “Non voglio stare in relazione con te”.
A sessant'anni di distanza, in un mondo pervaso dalla disintermediazione comunicativa, non presidiare i social media ed essere così parsimoniosi nel concedersi al popolo è veramente paleolitico.
Presidente Draghi, non se la prenda per queste critiche: fare le pulci a chiunque stia al Governo è il compito basilare di giornali da sempre indipendenti come il nostro. Abbiamo inoltre la presunzione di credere che una critica onesta e costruttiva le possa essere più utile rispetto all'attesa messianica che alcuni colleghi hanno riposto nel suo avvento alla guida del Paese. Non ci pare che in questo modo sia stato reso un gran servizio, ne' al Paese, ne' tantomeno a lei, visto il livello di aspettative caricatole sulle spalle.
E tuttavia il compito dell'informazione è veramente un altro. Noi da 25 anni la pensiamo così e ci sforziamo di essere conseguenti tutti i giorni.