Politica
Governo, Alfano e Verdini ai ferri corti: 20 posti per Ala in liste Pd
E' ormai sfida aperta tra Denis Verdini e Angelino Alfano. Prima della nascita del gruppo Ala il ministro dell'Interno era l'interlocutore privilegiato di Matteo Renzi, l'alleato centrista fedele con il quale costruire anche le future alleanze. Poi l'ex coordinatore del Pdl si è staccato da Silvio Berlusconi e pian piano, ingrossando le fila specie a Palazzo Madama, è diventato prima la stampella del governo e poi un vero e proprio alleato (scatenando l'ira della minoranza dem, Bersani in testa).
Il passaggio sulle unioni civili è stato lo spartiacque nei rapporti nella maggioranza. Alfano si è impuntato e, vista anche la capriola all'indietro dei 5 Stelle, ha imposto e ottenuto lo stralcio della stepchild adoption. Verdini, invece, era pronto a votare il ddl Cirinnà anche con le adozioni senza porre alcun problema al Nazareno. Nel cuore e nella testa del presidente del Consiglio, e dei suoi fedelissimi (da Lotti alla Boschi), il leader di Ala di fatto ha sostituito il fondatore del Nuovo Centrodestra.
Per il momento, almeno al Senato, il premier ha bisogno di entrambi (viste anche le turbolenze nel Pd, sia lato minoranza sia fronte cattodem), ma in prospettiva è del tutto evidente che Renzi ha ormai un canale privilegiato con Verdini e non più con Alfano. La prova viene anche dalle nuove frizioni Pd-Area Popolare sull'idea dei Democratici di rilanciare le adozioni gay tolte dal ddl Cirinnà proprio per trovare l'accordo con i centristi cattolici.
Gli altri centristi, quelli liberaldemocratici (almeno così si auto-definiscono), quelli di Ala, non pongono invece alcun aut aut al premier e sono pronti ad accettare il ritorno della stepchild seppur con un provvedimento ad hoc. Ma quali potrebbero essere le conseguenze di questa sfida Alfano-Verdini? L'intenzioni di Renzi e della Boschi, più volte ribadita, è quella di non modificare la legge elettorale e quindi l'Italicum, salvo colpi di scena, resterà con il premio alla lista e non alla coalizione (anche per non favorire il Centrodestra). Ecco il punto chiave.
L'Ncd, chiamandosi appunto Nuovo Centrodestra, difficilmente potrà unirsi ed entrare nel Pd e quindi si andrà verso una corsa solitaria o un ritorno, difficile, verso Berlusconi (ma c'è il nodo Salvini, anche se a Milano è già accaduto) del ministro dell'Interno. Per i verdiniani, invece, la strada sembra proprio spianata - salvo cambiamenti dell'Italicum - verso l'ingresso con una ventina di posti sicure nelle liste del Pd (o del Partito della Nazione) alle prossime elezioni politiche. Da capire, invece, cosa faranno gli esponenti di Scelta Civica, eredi e orfani di Mario Monti ed attualmente guidati dal vice-ministro dell'Econommia Enrico Zanetti.