Assemblea Pd: Renzi tra Che Guevara e Fanfani
Renzi in Assemlea nazionale
Renzi ha un rapporto difficile con il concetto di “sinistra”, spesso infarcito di retorica e di suggestioni archetipali; da un lato c’è l’attrazione naturale dello scoutismo giovanile democristiano verso Che Guevara (famosa una sua foto che lo ritrae con il noto poster) mediato e saldato al pragmatismo democristiano sulla gestione del potere.
Parlando in Assemblea nazionale (637 delegati accreditati e quindi raggiunto il numero legale) oggi differenzia di fino tra uguaglianza (costituzionale) e egualitarismo (politico) non risolvendo comunque la sua ambiguità ideologica di fondo che poi è quel profondo solco che ha sempre diviso gli ex comunisti e gli ex democristiani all’interno del Partito Democratico.
Il che fa il paio, naturalmente, con le foto delle bandiere con falce e martello e tanto di stella giallo - rossa che la minoranza ha ieri issato alla sua riunione di pressione al Teatro Vittoria a Roma.
Insomma l’Assemblea si apre, al di là delle decisioni che saranno prese, sulle tematiche ideologiche e questo in sé non è già un buon segnale per i cittadini provati dalla crisi che non passa e che ha tutto hanno voglia di pensare tranne che ai sottili distinguo filosofici di indirizzo politico.
Renzi ha cominciato l’elencazione di quanto fatto nei mitici “mille giorni” di governo per il lavoro, per le donne, per la tecnologia, per l’economia 4.0 (chissà a che versione si arriverà).
Discorso dunque di cauta apertura alla minoranza con forte rivendicazione del proprio operato e sostegno più che altro formale al governo; non poteva mancare la “pagina della commozione” con l’utilizzo di casi umani provenienti dal “mondo fuori”; da Anna “uno (?) di noi” che “ha fatto tanto bene negli Usa ed è stata premiata da Obama” e “volevo prenderla in segreteria” insieme ad un “sindaco Eugenio” impegnato nella costruzione di scuole.
Non passa dunque l’”obamismo malattia infantile del renzismo” che ora potrebbe anche essere controproducente in tempi trumpiani.
Renzi poi gigioneggia sul fatto che “c’ ho pensato a ritirare la candidatura”; subito s’ode un “no” preoccupato e l’ ex premier rimedia scaltro con un “ho detto c’ho pensato”.
Il discorso di Renzi è stato caratterizzato da una buona base di retorica e non si sa in questa fase quanto potrebbe essere utile a conservare intatto il partito.
Poi cita Conrad de “La linea d’ombra” sull’accettare il bello e il brutto andando avanti e poi personalizza “perché ce lo chiede all’Italia”.
Conclude con un: “il partito che ha voglia di giustizia ed uguaglianza”; parla del Lingotto, di “rispetto con sguardo sorridente” e con il classico “vive il Pd viva l’Italia” che fa un po’ Toto in campagna elettorale.