Politica

Conte, i Dpcm e perché “non” salvare il Natale sarebbe la vera conquista

di Simone Rosti

Cosa ci sia da salvare non lo sappiamo. Abbiamo riempito le nostre vite di rumori di fondo, di virtualisiamo. Siamo noi quelli da salvare, non il Natale

Alcune parole pronunciate dal capo del governo Conte durante la presentazione dell’ennesimo Dpcm riecheggiano nella mia testa: salviamo il Natale. In questo sciagurato anno della pandemia, al governo che si barcamena sul da farsi (come altri in Europa), legiferando a tentoni, resta il tempo per un pensiero al Natale. Una festività che negli anni è diventata uno sprezzo al senso religioso autentico, che ci ha condotto più nei centri commerciali che nei luoghi di culto, il Natale da momento di riflessione e di preghiera è diventato un’occasione di frugalità (con cenoni e vacanze), le reunion famigliari sono diventate spesso forzate (anche a causa dei divorzi imperanti).

Cosa ci sia da salvare non lo sappiamo. Abbiamo riempito le nostre vite di rumori di fondo, di onnipresenze virtuali, di vacuità: siamo noi quelli da salvare, non il Natale. Dopo il populismo che ha contraddistinto l’azione di questo governo e quello precedente, vittime entrambi del grillismo, ora si cede anche il passo alla retorica del Natale. Abbiamo riconosciuto a questo governo che nella fase più acuta della pandemia, di marzo e aprile, non poteva fare altro di quello che ha fatto, poi però il suo procrastinare ogni decisione rilevante (sei mesi a palare del Mes per liquidarlo con palesi falsità, dei progetti del Recovery Fund ancora ignoti) e il suo ammorbarci con eventi inutili (chi si ricorda gli Stati Generali? E il piano Colao?) sono stati solo il riempitivo di quello che dovrebbe essere il senso dell’azione di un governo responsabile: fare politica, prendere decisioni, non pensare al Natale.

Abbiamo speso i mesi estivi a compiacerci di essere stati i migliori a fronteggiare la pandemia anziché prepararci alle future ondate, abbiamo osservato sbigottiti il bando dei banchi di Arcuri quando invece il problema del ritorno a scuola era la questione trasporti. Il risultato? Lezioni a distanza che sono uno schiaffo al futuro dei giovani e chiusure di cinema, teatri, ristoranti e palestre che penalizzano le categorie che più hanno speso tempo e denaro per garantire ambienti sanificati e distanziamento.