Politica

Coronavirus, le manovre del dopo Conte: "larghe intese" con Draghi

L'opinione di Massimo Falcioni

La voglia di ripartenza che cresce ovunque specie nelle aree del Paese più martoriate dal coronavirus frena di fronte ai contagi e alle vittime che diminuiscono ma non cessano e al timore che la ripresa possa avvenire non in piena sicurezza. Accelerando sulle riaperture e abbassando la guardia sul fronte sanitario e sociale c’è il rischio di una seconda ondata epidemica nel prossimo autunno-inverno o addirittura a breve, prima dell’estate. In tal caso, gli effetti, anche psicologici, sarebbero ancora più devastanti di quelli registrati in questi due mesi dopo la prima sberla del Covid-19. I Paesi che fin qui hanno reagito meglio sono quelli che hanno saputo utilizzare gli strumenti della diagnostica e delle tecnologie, quelli dove le decisioni politiche sono state rapide e rese ovunque operative per tutti attraverso una unica cabina di comando.

Diversamente di quel che è in gran parte avvenuto e avviene in una Italia che si vuole spezzettare in più parti, nel solito balletto di accuse e contro accuse fra regioni e fra queste e il governo con il premier Conte impegnato a tirar fuori le sue miglior doti di equilibrismo e di pazienza per le turbolenze nella maggioranza, per le divisioni fra Pd e 5Stelle, come dimostrato anche in queste ore al Parlamento Ue votando “no” all’utilizzo del Mes-Covid. Una spaccatura non su una questione di lana caprina, che si ripeterebbe anche nel Parlamento italiano, in quel caso con il governo costretto al ko. Conte può ancora zigzagare cercando di spegnere con un secchio d’acqua i fuochi accesi dal Pd e dal M5S che girano con lo zolfanello acceso dentro la polveriera di un Paese in ginocchio per la pandemia.

Lo scontro sempre più scoperto fra Pd e 5S riduce al lumicino l’autorevolezza del premier e inficia la residua credibilità dell’esecutivo con il rischio che la maggioranza salti al primo incidente di percorso (le elezioni regionali estive?), alla prima conta in aula, forse prima dell’autunno o entro l’anno. Fantasie? Il Paese è al limite. Il discorso d’insediamento del neo presidente di Confindustria Bonomi riflette il disagio e il malcontento degli imprenditori su questo governo “troppo distante dalle istanze dei ceti produttivi” e su come ha affrontato e affronta l’emergenza coronavirus, con l’economia a rischio default. Un discorso, quello fatto a braccio da Bonomi, inteso da più parti come il “de profundis” per Conte e per il suo esecutivo, nel mirino anche dei sindacati perché da ormai due mesi “l’Italia vive alla giornata” tra il fare e disfare di comitati, commissari e task force.

Così il capo del governo pare aver perso, se non la bussola, la propria spinta propulsiva. Conte gode ancora nei sondaggi della fiducia e della simpatia degli italiani grazie anche al basso profilo tenuto nell’emergenza, dove non sono mancati, specie all’inizio, limiti ed errori non solo di comunicazione. Resta il fatto che, stando sempre ai sondaggi, i partiti di governo sono in netta minoranza distanziati dai partiti di centrodestra il che equivale a una bocciatura del governo. Nel Paese c’è tensione e preoccupazione per la salute, per il lavoro, per il futuro. L’Italia resta il vaso di coccio fra i Paesi europei, è in mezzo al guado e rischia grosso anche per l’inadeguatezza del governo e lo sgretolamento della maggioranza parlamentare che – stando appunto ai sondaggi – resta minoranza nell’elettorato italiano. Nel Pd e nel M5S si è andati oltre i mugugni e i campi minati. Così è tutto un fiorire di complotti veri o presunti, e anche nella maggioranza ognuno rema per proprio conto.

Le grandi manovre per il dopo Conte sono già in corso accomunando nel tentativo del ribaltone esponenti di maggioranza e di minoranza dietro al grido: “Così l’Italia non regge”. L’obiettivo è un governo di larghe intese. Un governo per fare, stimolare, controllare, con alla testa Draghi, come a suo tempo fatto con l’esecutivo tecnico guidato da Ciampi. La gravità della situazione richiede una concentrazione di energie, una volontà di rinnovamento, uno sforzo straordinario e l’impegno degli uomini migliori per promuovere nella vita nazionale una svolta senza la quale l’Italia soccombe. Tanto di cappello a Conte per il suo contributo di qualità che non va disperso. Ma è ora di voltar pagina. Per questo governo il tempo sta per scadere, anzi è scaduto. Serve una fase di transizione per superare la tempesta e ridare poi, forse già nella primavera 2021, la parola agli italiani, alle urne.

Un passaggio non indolore, ma nel fuoco della crisi che la pandemia apre, servono un premier e un governo liberato dai laccioli dei partiti per un cambio di direzione dello Stato con l’unico obiettivo di salvare l’Italia, anche con nuovi duri sacrifici. Un governo con Draghi premier senza dentro nessun leader dei partiti di maggioranza e di minoranza e nessuno degli attuali ministri ma con Conte in squadra, magari come ministro degli Esteri. Non è un governo di larga unità democratica del tempo che fu, ma una squadra super partes di gente che sa e che fa, senza assurde discriminazioni personali o di partito, ma con i partiti e i loro esponenti stavolta in panchina. La crisi va governata, fuori dai condizionamenti esterni dei gruppi di potere e dei soliti noti e con la partecipazione e la mobilitazione di tutti gli italiani. Serve senso di responsabilità nazionale. Di tutti. Adesso.