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Politica
Covid, Conte primo responsabile: nuova tegola sul progetto giallo-rosso

Conte affermò invece che la zona rossa doveva essere usata con la massima cautela. Speranza firmò il decreto per chiudere la Val Seriana solo il 5 marzo ma il premier Conte non volle controfirmarlo. Il 6 marzo era tutto pronto con polizia e carabinieri per chiudere Val Seriana (come fatto nel Lodigiano) ma non se ne fece niente. Nel mirino della procura di Bergamo, oltre la mancata zona rossa, c’è però pure il mancato aggiornamento e applicazione del piano antipandemico del 2006.

Questi sono i fatti a cui si devono aggiungere, inevitabilmente, delle conclusioni politiche. Intanto, come al solito, l’Italia è stata nel 2020, ancora una volta, in testa ad un primato: la prima nazione del mondo occidentale ad essere stata contagiata dal virus del Covid. Un primato indubbiamente poco auspicabile che siamo comunque riusciti a cogliere per primi. Il fatto che l’Italia sia un Paese in pieno declino da decine di anni è un dato incontrovertibile su basi statistiche, a cominciare dal PIL.

Ma anche questa volta siamo riusciti ad arrivare primi nel peggio. I motivi non sono ancora noti con precisione, forse il traffico d’affari con la Cina, forse la sfiga ma sta di fatto che è così. Dietro al dramma nazionale c’è però un altro problema più specifico -ma le cui cause invece sono perfettamente note- ed è proprio quello su cui ha indagato la Procura di Bergamo e cioè il “pasticcio Lombardo”. E qui svetta la figura del premier e cioè Giuseppe Conte che avrebbe sempre frenato per instaurare quella zona rossa che avrebbe salvato più di 4.000 vite umane e per questo è il principale imputato per il processo che si va a celebrare. Inoltre, a suo tempo, fu anche contestata sui Social la gestione della comunicazione istituzionale da parte dell’ex Grande Fratello Rocco Casalino sul decreto “chiudi Lombardia” per una presunta fuga di notizie che scatenò il panico in Lombardia.

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