Politica

Dacia Maraini, femminista d’antan che vive ancora nel '68

Di Giuseppe Vatinno

Per lei l'uomo è una sorta di Neanderthal, sempre con la clava in mano

Catherine Deneuve e la lettera a Le Monde pro seduzione maschile

 

Dacia Maraini (86) non demorde nel suo femminismo d’antan e ieri verga un altro editoriale sul Corriere della Sera dal significativo titolo “Gli antichi privilegi del ruolo maschile”. Sembra di essere tornati in pieno ’68 con i cortei di femministe arrabbiate che marciavano al grido: “Tremate tremate le streghe son tornate” e lanciavano gli zoccoli addosso ai “maski”.

La scrittrice che fu compagna non sposata di Alberto Moravia - contrariamente a Elsa Morante e Carmen Llera - ha un suo teorema che persegue con (poca) lucida determinazione:

“Ormai possiamo dirlo: al graduale e importante aumento dell’autonomia femminile (accesso alle professioni tradizionalmente maschili, pretesa di gestire il proprio corpo, volontà di esprimere la creatività a prescindere dagli obblighi familiari, rifiuto della condizione di servitù, ecc..) corrisponde un progressivo aumento della violenza maschile. Naturalmente non ha niente a che vedere con la differenza di genere, ma è un fatto di pura cultura. Ci sono uomini che, quando una donna considerata di proprietà, dice no, o dice me ne vado, entrano in una tale crisi esistenziale che hanno bisogno di uccidere per calmare la propria furia di dominio”.

Dunque per la Maraini l’uomo sarebbe una sorta di Neanderthal, perennemente con la clava in mano, pronto a bastonare la sua compagna alla prima occasione e questo perché la donna ha occupato i suoi spazi lavorativi e nella società.

A parte che questa narrazione non tiene conto dei “maschicidi” che ci sono -anche se in proporzione minore- ma il punto è che questa visione divisiva è proprio alla base della violenza di genere, sempre deprecabile e che occorre combattere ma in maniera intelligente.