Politica
Dai rave agli ultras. Stadi: Giorgia Meloni segua il modello Margaret Thatcher
Quello degli ultras è un problema che nessuno ha mai risolto. L'approccio law and order del governo più a destra del dopoguerra servirà per dare una svolta?
Stadi di calcio: all'Italia serve una svolta, sul modello della riforma inglese
Le recentissime polemiche sugli ultras dell’Inter riportano alla luce un tema lungamente rimosso dal dibattito pubblico: la pericolosa situazione delle curve degli stadi italiani, autentiche zone franche dove tutto è permesso. E, spesso, questi gruppi sempre più organizzati non conoscono limiti nemmeno fuori dagli stadi, visto che gestiscono parcheggi, biglietti e altre attività che procurano carriolate di soldi.
Non è certo una questione solo milanese, ma questo lo sappiamo da almeno quarant’anni. Risale infatti a metà anni Ottanta la riforma anti-hooligans che ha espulso il teppismo dagli stadi in Inghilterra, dove il problema non era meno sentito che da noi, anzi. Dopo le stragi dell’Heysel nel 1985 (Juventus-Liverpool) e di Hillsborough nel 1989 (Liverpool-Nottingham Forest), l’allora Premier Margaret Thatcher diede un giro di vite, affidando alla commissione presieduta dal giudice Peter Taylor la realizzazione di un rapporto nel quale venivano messe in luce le cause del disastro di Hillsbrough e, di conseguenza, la faccia sporca di un movimento sportivo impareggiabile per fascino, tradizione e carica agonistica.
Con la determinazione tipica della “Lady di ferro”, Downing Street ha gradualmente ridisegnato lo scenario del calcio d’oltremanica: addio alle mitiche “terrace” dalle quali seguire la partita in piedi e carichi di birra, alcolici banditi anche nelle vicinanze dello stadio, telecamere a circuito chiuso, steward pagati dai club per garantire la sicurezza e seggiolini numerati in ogni ordine di posto. Hooligans in pratica sfrattati dal territorio che si erano conquistati nel corso degli anni.
E’ stata una vera e propria rivoluzione culturale, che ha cambiato il rapporto tra gli inglesi e il loro amato football. E’ cambiata la mentalità del tifoso, rieducato a presentarsi allo stadio non più in compagnia di altri facinorosi compagni di scorribande, ma di figli e mogli. Il cosiddetto “modello inglese” ha comunque comportato dei costi, sia in senso letterale (i prezzi dei biglietti si sono impennati, tagliando fuori i ceti meno abbienti), sia per l’innegabile perdita di identità della Premier League, la quale oggi è una realtà ben diversa da quella romantica degli anni che d’oro, della quale si sono innamorati milioni di appassionati di tutto il mondo. Ma il suo effetto è stato nel complesso più che positivo, come viene riconosciuto anche dai laburisti e dai progressisti del resto d’Europa.
Eppure, da quarant’anni a questa parte ci si riempie la bocca del succitato “modello inglese”, ma senza fare assolutamente nulla per imitarlo, nemmeno in parte. Che sia giunto il momento di una svolta? Le precondizioni ci sarebbero tutte.
Le ultime “rivelazioni” sulle curve di San Siro (ma in città si sa tutto da anni…) fanno seguito a inchieste che hanno riguardato anche altre tifoserie organizzate. Nelle due principali città italiane (Roma e Milano) si stanno progettando stadi nuovi di zecca e sarebbe un delitto non tranciare i rapporti con certi gentiluomini.
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Last but not least, c’è in carica un governo di destra. Quale occasione migliore per segnare una discontinuità rispetto all’inazione del passato? Assumere il modello della Thatcher sarebbe nello stesso tempo utile per il Paese e definitivamente chiarificatorio rispetto a certe ambiguità tra gli ultras e la politica. Inoltre, Giorgia Meloni potrebbe affrancarsi da altri modelli di destra, dall’Argentina di Peron all’Ungheria di Orban, che vengono agitati come spauracchi dai suoi avversari. L’impostazione “law and order” che ha caratterizzato il discusso decreto anti-rave è stata definita da alcuni degna di miglior causa. Questa lo sarebbe senza dubbio.
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