Politica

De Masi: “M5s? Sta lottando per non morire.Ci sarà un direttorio, non un capo"

di Gabriele Penna

Intervista al sociologo De Masi, uomo vicino ai pentastellati, che spiega la crisi da una visuale privilegiata

Cosa sta succedendo nel M5s?

“Sta diventando un partito. Sono due-tre fasi avanti alle Sardine. Tutti i movimenti tendono a diventare partito e tutti i partiti sono stati movimento. Non tutti i movimenti riescono poi a trasformarsi, lungo la strada muoiono. Il M5s sta facendo uno sforzo enorme per non morire. È un normale processo, lo spiegava Michels negli anni 30 quando analizzava le tappe di un movimento che diventa partito”.

Sopravviverà?

“Si è fermato intorno al 15%, quando è sceso notevolmente per i colpi di Salvini, che si è preso l’anima di destra del Movimento 5 Stelle. Era da capire quanto fosse rimasto di sinistra. E' rimasta la metà”.

Con un potenziale più ampio a sinistra…

“Con un potenziale più ampio anche perché l’accelerazione dell’istituzionalizzazione data dalla figura di Conte li ha portati a essere più partito che movimento. Se non avessero Conte, avrebbero perso ancora di più in termini elettorali”.

Ci sarà una gestione collettiva o un capo politico?

“Una gestione collettiva sicuramente. Un capo politico non è emerso. Ci sarà una figura di governo fra Conte e Di Maio e un direttorio con le varie anime”.

Quindi vede ancora Conte nel M5s in futuro?

“Per ora sì. Poi si vedrà quando ci saranno le elezioni. Se avrà lealtà, si presenterà con il M5s se no andrà da

Domenico De Masi è Professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha fondato la S3-Studium, società di consulenza organizzativa, di cui è direttore scientifico. E’ membro del Comitato etico di Siena Biotech e del Comitato Scientifico della Fondazione Veronesi. Ha pubblicato numerosi saggi di sociologia urbana, dello sviluppo, del lavoro, dell’organizzazione, dei macrosistemi. Dirige “NEXT. Strumenti per l'innovazione” ed è membro del Comitato scientifico della rivista “Sociologia del lavoro”. Collabora con le maggiori aziende e con le maggiori testate italiane.

solo. Ma credo che ancora nemmeno lui si sia posto il problema. Sta costruendo una figura da statista non da politicante da talk show. Gli Stati Generali sono una dimostrazione. Possono anche prenderlo in giro ma ha costretto i vertici europei a esserci e a discutere con lui. Non è andato lui a Bruxelles. Occorre un documento che Conte deve portare in Parlamento. È un documento complesso perché equivale a tre finanziarie. Ci vorrebbero 6-7 mesi per comporlo ma lui non ha questo tempo e quindi attinge da tutte le forze sociali presenti agli Stati Generali. Alla fine, sarà l’unico che ha ascoltato tutti: da Renzo Piano a Bonomi. Dopo di che il documento va in Parlamento con una certa autorevolezza ed è poco emendabile perché sono stati sentiti tutti. Potrà dire, ‘guardate che l’abbiamo scritto tutti insieme, anche con l’Europa’”.

Il M5s prenderà la strada del centrosinistra o si presenterà ancora come terzo polo?

“Ho sempre detto che la collocazione è di sinistra. L’anima di destra se l’è presa Salvini. Quelli che sono usciti sono di destra o quelli scontenti di tutto che sono finiti nell’astensione. E non li recupereranno più se non una parte minima”.

E Salvini come mai ha avuto questa flessione, come la spiega?

“I suoi cavalli di battagli sono passati in secondo piano. Al primo posto veniva il virus. Lui che poteva dire sul virus? Ma quelli che votavano Salvini non credo siano passati a sinistra. Sono in attesa di Salvini ma ora ha meno presa”.

I due mandati, tornando al M5s, devono restare o saltare?

“È difficile che salti questa regola, dipende dal percorso che faranno. I Di Maio dovranno fare politica all’interno del Movimento 5 Stelle, come fa Zingaretti nel Pd che è segretario”.