Di Maio contro Di Maio. Le contraddizioni. Così il ministro rinnega se stesso
Dall’uno vale uno al Movimento che non si cambia da fuori, il titolare Esteri resetta la sua storia. I commenti ad Affari degli ex M5s Giarrusso e Paragone
Una contraddizione alla quale proprio Giarrusso lo inchioda. Interpellato da Affaritaliani.it dice: “Di Maio ha detto a me che non si cambiano le cose da fuori e poi ha fatto lo stesso. Non lo giustifico - aggiunge -, ma non mi stupisce dal momento che oggi siamo di fronte a una forza sclerotizzata e autocratica. Anche uno come lui non riesce a incidere da dentro, a riprova che non è più possibile fare politica nel M5s”.
La denuncia di scarso spazio per il dialogo lanciata proprio da Di Maio, però, è un’altra falla nel suo discorso d’addio (non è stata una conferenza stampa, infatti). Mutatis mutandis, guarda caso era la stessa accusa che gli venne rivolta quando il leader era lui. Con tanto di documento - era il settembre 2019 e da lì a qualche mese Gigino si sarebbe dimesso – sottoscritto da ben 70 senatori che ne chiedevano la testa, invocando maggiore collegialità nelle decisioni.
L’apertura alle interlocuzioni esterne - per adesso sono i sindaci “vera interfaccia dello Stato”, ma vedremo se il discorso si allargherà anche a esponenti di altre forze politiche - è un ulteriore pesante reset che pesa sul ministro. Il M5s, infatti, si è sempre caratterizzato per il suo veto ad accogliere politici proveniente da forze estranee.
Le contraddizioni tuttavia non finiscono qui. “L’ultimo grande imbroglio - chiosa con Affari Gianluigi Paragone, un tempo nel Movimento e oggi leader del partito Italexit – lo ha fatto dicendo che bisogna scegliere se stare dalla parte giusta della storia. Ma Di Maio è in Parlamento perché doveva cambiarla e non reinterpretarla. Non solo, quindi, ha tradito pienamente il mandato elettorale, insieme a tutti quelli che lo hanno seguito, ma confonde la Storia con il potere”. Secondo Paragone, insomma, in quattro e quattr’otto ha “resettato tutto e ora punta a costruire qualcosa che sia funzionale al Palazzo. La vendetta politica - conclude - la consumeremo nell’urna. Li andremo a prendere uno per uno”.
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