Politica

Di Maio, Delrio, Prodi, Giorgetti, FI. Cresce il "partito di Mario Draghi"

Di Alberto Maggi

Incontro il 24 giugno scorso tra il ministro degli Esteri e l'ex numero 1 della Bce

Un caso giornalistico o una pista politica clamorosa? Il faccia a faccia dello scorso 24 giugno tra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l'ex presidente della Bce Mario Draghi è stato spiegato da fonti della Farnesina come uno dei "consueti incontri istituzionali che il ministro è solito svolgere anche con altre autorità istituzionali". "Al centro dei colloqui i dossier europei - precisano le fonti - in virtù del ruolo svolto da Mario Draghi ai vertici della Banca Centrale Europea".

Nonostante dall'entourage dell'ex capo politico dei pentastellati assicurino che durante l'incontro del 24 giugno scorso non si sia assolutamente parlato né del governo italiano né dei futuri scenari politici a Roma, più di un deputato del Partito Democratico sottolinea come Di Maio, probabilmente, abbia voluto far sapere all'ex numero uno dell'Eurotower che nel caso in cui, in autunno, la situazione economica fosse drammatica e la maggioranza non dovesse reggere, lui ci sarebbe per un esecutivo di alto profilo e sostenuto da quasi tutte le forze rappresentate in Parlamento.

Questa la tesi dei Dem, smentita dalla Farnesina. Da considerare anche che diversi parlamentari dell'attuale maggioranza non nascondono il loro apprezzamento per lo standing internazionale acquisito dal ministro degli Esteri nelle ultime settimane, sempre più ascoltato nelle cancellerie europee e nelle capitali non solo dell'Ue.

L'ipotetico 'partito di Mario Draghi' non avrebbe però tra le sue fila soltanto Di Maio. Restando nella maggioranza, se Dario Franceschini si prodiga quotidinamente per sostenere e far andare avanti l'attuale governo, con un pensierino al Quirinale (il 2022 non è così lontano), il capogruppo Dem alla Camera Graziano Delrio - sussurrano a microfono rigorosamente spento fonti Pd - non sarebbe contrario a una soluzione istituzionale o di larghe intese che porterebbe Draghi a Palazzo Chigi.

E sempre dal Nazareno spiegano che anche le ultime aperture di Romano Prodi a Silvio Berlusconi vanno lette come un sostanziale via libera del Professore ed ex presidente del Consiglio a un'eventuale ipotesi Draghi. I renziani di Italia Viva, che sono tornati a scontrarsi quotidianamente con i 5 Stelle (Mes e Autostrade i casi più eclatanti), non si chiamerebbero certo fuori da una soluzione che, in caso di implosione della maggioranza, eviti il ritorno anticipato alle urne.

Nel Centrodestra, poi, a parte la scontata opposizione di Giorgia Meloni e di Fratelli d'Italia a qualsiasi inciucio, Forza Italia - anche se profondamente divisa, perfino sulla riforma della legge elettorale - favorirebbe una soluzione di larghe intese che scongiuri le elezioni, come lo stesso Berlusconi ha spiegato qualche giorno fa (salvo poi correggere il tiro per non far infuriare gli alleati).

C'è infine il capitolo Lega. Matteo Salvini continua a ripetere che l'unica soluzione è ridare la parola ai cittadini, ma dietro le quinte il silente Giancarlo Giorgetti - assicurano fonti parlamentari - lavora da tempo proprio a un governo guidato dall'ex presidente della Bce. E al fianco dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio c'è soprattutto il potentissimo Governatore del Veneto Luca Zaia.

Tanto che un senatore del Pd si lascia andare a una previsione per certi versi clamorosa: "Quando alle Regionali si vedranno i numeri di Zaia, tra il 65 e il 70%, il presidente del Veneto alzerà la voce e, insieme a Giorgetti, dirà a Salvini di non continuare a chiedere il voto ma di pensare all'interesse nazionale e dei cittadini". Insomma, se questo scenario fosse vero, dopo il 20-21 settembre la Lega meno salviniana e più vicina al duo Zaia-Giorgetti potrebbe spingersi quantomeno a non escludere la soluzione Draghi premier.

Stando così le cose, nelle previsioni di luglio che si fanno in Transatlantico, i numeri sulla carta ci sarebbero per un nuovo esecutivo (mezzo M5S, Pd, renziani, Forza Italia e Lega), che avrebbe anche il via libera del Quirinale. Ma a Palazzo Chigi c'è Giuseppe Conte, sempre più rispettato dai partner europei, con un livello di gradimento nel Paese tra i più alti della storia della Repubblica e sempre capace di trovare la sintesi in una maggioranza variegata e litigiosa. Vedremo. Finora per il 'partito di Mario Draghi' siamo solo agli indizi.