Elezioni il 4 giugno. Asse Renzi-M5S-Lega-Fdi. Isolata Forza Italia
Accelerazione verso il voto
E' fatta. L'Italia voterà a giugno, quasi certamente domenica 4. Mentre Massimo D'Alema e la minoranza dem minaccia la scissione, Matteo Renzi si è accordato con i "nemici", ovvero i 5 Stelle, la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d'Italia per ottenere il ritorno alle urne al massimo entro il mese di giugno. Ieri ha deciso che il dado era tratto. Si è chiuso coi suoi più stretti colonnelli, per tutto il giorno, al Nazareno e ha dato l'ok finale.
L'ipotesi più probabile - dopo giorni di incontri riservatissimi in Transatlantico tra renziani, grillini e leghisti, è l’estensione al Senato delle norme della Camera uscite dalla Corte Costituzionale. In sostanza un Italicum senza ballottaggio, fatto di liste e un’unica soglia di sbarramento per tutti.
Il dibattito per scrivere una nuova legge elettorale inizierà, nell’Aula della Camera, il prossimo 27 febbraio. La data è ancora sub judice: manca infatti l’esame della commissione Affari Costituzionali. Ma, punto dirimente, è stato stabilito anche il contingentamento dei tempi di discussione in Aula. Un elemento decisivo che poteva essere approvato solo nella giornata di ieri e, cioè, prima di stabilire il calendario d’Aula di febbraio.
La svolta è arrivata nella tarda serata di martedì con un voto a maggioranza (Pd-M5S-Lega a favore; Forza Italia, Sel-SI e Misto contrari) alla fine della conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Durante la riunione dire che sono volati gli stracci è dire poco, ma è solo un antipasto di quello che succederà, a breve, in Aula. Lo testimoniano le parole dei capogruppi contrari e pure del tutto ignari del complotto ordito alle loro spalle.
Per Arturo Scotto (Sel) "è nato l’asse dell’avventura", Brunetta (FI) parla di "comportamento inaccettabile del Pd", solo Lupi (Ncd) si limita a parlare di "forzature". La verità è che sta per nascere una legge che colpirà al cuore soprattutto Forza Italia, che sarà costretta - se non vorrà rischiare l'isolamento a a presentare liste uniche con Lega e FdI.
Il capogruppo dem, Ettore Rosato, afferma: "Ho rassicurato i miei colleghi che tentavano di diluire i tempi. Per noi non è che il giorno che si approva la legge, poi bisogna andare a votare. Ma da quel giorno sarà possibile. Servono solo piccoli aggiustamenti". Luigi Di Maio (M5S) esce dallo studio della Boldrini e dice trionfante: "Entro la metà di marzo la Camera può approvare la legge elettorale e, a quel punto, il Senato in pochi giorni non dovrà far altro che ratificarla".
Tra i ‘piccoli’ aggiustamenti, oltre quelli ovvi (doppia preferenza di genere, via il sistema del sorteggio, dimensione diversa dei collegi senatoriali) non si sa se sono previsti due punti cruciali per la sopravvivenza di molti: la possibilità di creare liste e/o coalizioni e le soglie di sbarramento. Il sistema oggi in vigore per il Senato prevede la possibilità di dare vita a coalizioni, ma l’asse Pd-Lega-M5s punta a consentire solo la presentazione di listoni come accade alla Camera. Le soglie di sbarramento al Senato sono assai diverse (20%, 8%, 4%) e ben più alte dell’unica della Camera (3%): potrebbe essercene una sola, la più bassa.
E Renzi? "Basta alibi" ripete come un mantra, soddisfatto, quasi euforico, "ora dobbiamo occuparci di Trump e della Ue, non di collegi". Infatti, come dice in un sms inviato alla trasmissione di Floris, «per me votare nel 2017 o nel 2018 è lo stesso, ma sarebbe grave, ingiusto e assurdo far scattare i vitalizi a settembre. Sarà fondamentale, invece, farsi sentire con molta forza dall’Europa, specie sui vincoli di bilancio e austerity», aggiunge, con toni che ricordano quelli grillini o dei ‘sovranisti’. Populismi di destra, grilleschi e di sinistra: si giocherà intorno a questi tre poli la prossima campagna elettorale. Tutti gli altri verranno tagliati fuori, anche grazie al Neo-Legalicum.