Politica

Consiglio Ue, per Meloni un pareggio. Debito comune ma la corsa al riarmo (di fatto) è partita

La prova arriva da Berlino. Il dietro le quinte

Di Alberto Maggi

Per Giorgia Meloni il Consiglio europeo di Bruxelles è stato sostanzialmente un pareggio


Va bene che, a volte, la forma è anche sostanza ma un nome non cambia, appunto, la sostanza. Il piano da 800 miliardi di euro della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per il riarmo dell'Unione non si chiamerà più ReArm Europe ma, quasi certamente, Prontezza2030, come chiesto da Spagna e Italia. Comunicativamente la politica tedesca del PPE ha sbagliato tutto fin dal primo giorno, un errore dietro l'altro. E finalmente ha capito che era ora di togliere l'elmetto e il fucile dalle spalle e cambiare linguaggio, anche perché riarmo non vuol dire soltanto comprare cannoni e carri armati ma anche investimenti in intelligence e cybersicurezza.

Nomi a parte, per Giorgia Meloni il Consiglio europeo di Bruxelles è stato sostanzialmente un pareggio. La presidente del Consiglio, bravissima a sfruttare le parole sul Manifesto di Ventotene per sviare l'attenzione dell'opinione pubblica e dei media sulle palesi differenze nella maggioranza di Centrodestra (grazie anche agli ottimi consigli della sorella Arianna che è a capo di Fratelli d'Italia), ha ottenuto un successo sul fronte dei fondi. Che per la difesa saranno comuni e quindi non graveranno direttamente sul nostro deficit e debito pubblico.

Ma è altrettanto vero che nessuno ha detto che quei soldi Bruxelles li regalerà all'Italia e il nostro Paese contribuisce al bilancio dell'Ue e quindi se ottiene qualcosa poi dovrà anche restituirlo, così come accade e accadrà con la fetta più grande del Pnrr ideato e varato dopo la pandemia del Covid. Quindi una vittoria perché ci sarà la condivisione del debito, ma nessun regalo. Il senso del Consiglio europeo è che comunque c'è stata e c'è di fatto un'accelerazione verso investimenti massicci in armamenti con buona pace della Lega e delle parole del capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari ("Meloni non ha il mandato parlamentare per approvare il riarmo").

Anche se non c'è stato un voto formale, la strada è tracciata. E la prova è che il Bundesrat, l'organo legislativo tedesco che rappresenta i Lander, ha approvato immediatamente già oggi le modifiche alla Costituzione tedesca volte ad aumentare il debito pubblico, il che comporterà un significativo incremento della spesa per la difesa. "I voti totali sono 53. Pertanto il Bundesrat, con la maggioranza richiesta, ha deciso di approvare la legge", ha dichiarato il presidente del Bundesrat. Per l'adozione della legge era necessaria una maggioranza di almeno due terzi dei voti (almeno 46 su 69). Sempre per far tornare i conti, l'unica voce fuori dal coro in Europa, che arriva da Budapest si è fatta sentire forte e chiara. Infatti Viktor Orban ha criticato la strategia dell’Ue, affermando che “l’Europa è un leone sdentato, ancora aggrappato a un’avventura irresponsabile“.

Anche il primo ministro slovacco Robert Fico ha espresso dubbi, dichiarando che “solo i paesi europei continuano a parlare di armi” e ha minacciato di bloccare nuove sanzioni a Mosca. Ungheria e in parte anche Slovacchia hanno fatto capire esattamente che dietro le parole, i distinguo e le formule lessicali la sostanza è quella: si va verso un grande piano di riarmo europeo, in chiave anti-Russia, e senza alcuna certezza non solo che rimanga un rapporto con gli Stati Uniti d'America ma che la Nato stessa continui ad esistere perché Donald Trump potrebbe anche chiudere tutto e mandare a casa l'Alleanza Atlantica che per gli Usa è solo un costo senza alcun beneficio. Quindi Meloni rientra da Bruxelles con un buon pareggio, abile comunicativamente e politicamente come sempre. Ma nonostante gli errori di forma di Ursula, la strada è tracciata e va verso il riarmo dell'Unione. Anzi, per ora dei singoli stati perché non c'è ancora alcuno straccio di progetto di esercito comune.

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