Politica
Lettera di Meloni, dalla resistenza bianca all'assist a Fini: cosa c'è dietro
La premier Giorgia Meloni ha affidato a una lettera inviata al Corriere il suo pensiero sul 25 aprile, ribadendo che questa è la "Festa della Libertà"
Ma torniamo al presente. Oggi Giorgia Meloni ha scritto una lettera al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana che ha più le caratteristiche del pamphlet che della missiva.
Una lunga lettera in cui cerca la “concordia nazionale” ripudiando il fascismo e ribadendo l’adesione a quei valori democratici che “il fascismo aveva conculcato”. Una dichiarazione non ambigua che però non rinuncia a cercare di rimodellare, per quanto possibile, gli eventi includendo anche dei valori positivi che la festa della Liberazione ha per il centro – destra.
“Il 25 Aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni anti ebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale. Purtroppo, la stessa data non segnò anche la fine della sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il popolo italiano, che in alcuni territori si protrasse e divise persino singole famiglie, travolte da una spirale di odio che portò a esecuzioni sommarie anche diversi mesi dopo la fine del conflitto. Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre. Ma il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana”.
Non rinuncia quindi a parlare del dramma delle foibe e della questione istriana pur riconoscendo pienamente i valori democratici e repubblicani di quell’evento, “scolpiti nella Costituzione”. E poi ancora: “Capisco, invece, quale sia l’obiettivo di quanti, in preparazione di questa giornata e delle sue cerimonie, stilano la lista di chi possa e di chi non possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica. È usare la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico: una sorta di arma di esclusione di massa, come ha insegnato Augusto Del Noce, che per decenni ha consentito di estromettere persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto. Un atteggiamento talmente strumentale che negli anni, durante le celebrazioni, ha portato perfino a inaccettabili episodi di intolleranza come quelli troppe volte perpetrati ai danni della Brigata ebraica da parte di gruppi estremisti. Episodi indegni ai quali ci auguriamo di non dover più assistere”.