Politica

Governo a casa (se non c'è il rimpasto). Elezioni più vicine (ecco quando)

Di Alberto Maggi

Corto circuito Conte-Pd-renziani. Voto in primavera? Inside

Solo un rimpasto veloce e una squadra di governo più politica possono salvare la maggioranza e probabilmente anche la legislatura. Ma i due partiti che lo vogliono non lo chiedono ufficialmente (Partito Democratico e Italia Viva, per non apparire agli occhi dell'opinione pubblica come interessati alle poltrone in un momento di gravissima difficoltà per il Paese), e il premier Giuseppe Conte, ben conscio della situazione e delle richieste ufficiose, non fa e non farà mai la prima mossa. E' questo il senso della verifica di governo che si è aperta oggi a Palazzo Chigi, al di là dei proclami e delle parole molto spesso di circostanza.

Il Movimento 5 Stelle è la forza politica meno interessata a un cambiamento della compagine governativa in quanto rischia un dimagrimento nella composizione numerica della squadra, anche se nei gruppi parlamentari pentastellati non manca chi spera nel rimpasto per poter strappare una poltrona di ministro o, più probabilmente, di sottosegretario. Tra i ministri grillini nel mirino ci sono anche due big: il titolare della Giustizia Alfonso Bonafede, comunque difeso da Luigi Di Maio e Vito Crimi, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglo Carlo Fraccaro, sotto tiro soprattutto da parte del Pd. Restano sulla graticola anche Nunzia Catalfo (Lavoro e Politiche Sociai) e Lucia Azzolina (Istruzione), anche se lo stato maggiore dei 5 Stelle lavora per evitare di cedere ministeri a favore di Dem e renziani.

La soluzione, parlando con esponenti di vari partiti della maggioranza, rigorosamente off the record, sarebbe quella di sacrificare due ministri tecnici - Luciana Lamorgese (Interno) e Gaetano Manfredi (Università e Ricerca) - per prendere due piccioni con una fava ovvero accontentare gli appetiti di Pd e Italia Viva senza provocare l'ennesimo terremoto nei 5 Stelle. Al Viminale, stando ai rumor di Palazzo, potrebbe andare l'ex Guardasigilli Andrea Orlando mentre al posto di Manfredi in pole position c'è Maria Elena Boschi.

Ma, salvo colpi di scena, ufficialmente né Nicola Zingaretti né Matteo Renzi si assumeranno la responsabilità politica di avanzare la richiesta del rimpasto, per motivi di opportunità. E Conte, di fronte al silenzio dei partiti, eviterà l'argomento forte dell'andreottiano 'meglio tirare a campare...' (il pericolo per Palazzo Chigi è quello di aprire un fronte ricco di incognite, meglio quindi lo status quo). Stando a questo scenario, al momento il più probabile, al termine della verifica il presidente del Consiglio tirerà le somme in base alle richieste dei partiti - in cima la partita del Recovery Plan - tentando di rilanciare l'azione dell'esecutivo.

Ma, spiegano diverse fonti della maggioranza, senza rimuovere le ragioni del malcontento, e quindi senza un vero rafforzamento del governo attraverso un veloce rimpasto, Conte finirà soltanto per mettere altra polvere sotto il tappeto. "A metà gennaio ricomincerà la guerriglia dei renziani in primis ma anche del Pd e così il logoramento del premier continuerà", spiega sconsolato un deputato pentastellato. Che fare dunque? Italia Viva smentisce categoricamente di poter appoggiare un governo di Centrodestra. Fonti vicine a Di Maio bollano come "fesserie" le voci di un riavvicinamento tra il ministro degli Esteri e Matteo Salvini. In Fratelli d'Italia e soprattutto nel Pd giurano e spergiurano che dopo questo governo c'è solo il voto (oggi lo ha ribadito nuovamente Goffredo Bettini).

Il rischio concreto è che la verifica partita oggi a Palazzo Chigi finisca per diventare come gli stati generali dell'economia della scorsa estate, sostanzialmente aria fritta. Tante promesse, bella parole, ottimi intenti e poi tra un mese la maggioranza torna a dividersi su tutto con il Paese immobile, il piano vaccini in ritardo e l'Unione europea sempre più irritata per i tentennamenti e le lacune sul Recovery Plan. "O si trova una soluzione o così non si va avanti, facciamo ridere il Paese e il mondo", sbotta un senatore Dem di lungo corso.

Non solo, il Quirinale ha più volte fatto trapelare una certa insofferenza per un governo pressoché immobile che non è in grado di rilanciarsi e di rilanciare il Paese. Quindi? Senza una svolta e un rafforzamento dell'esecutivo, è opinione diffusa che il logoramento continuo e quotidiano possa portare all'implosione della maggioranza verso la fine dell'inverno. E a quel punto bisognerà vedere se a vincere sarà lo spirito di sopravvivenza dei parlamentari, molti dei quali in caso di voto perderebbero poltrona, privilegi e lauto stipendio, o la promessa "ci sono solo le elezioni" urlata a gran voce oggi soprattutto da FdI e Pd.

Stando alla sintesi del democristiano Gianfranco Rotondi un governo di Centrodestra non avrebbe i numeri e Salvini e Meloni preferirebbero comunque le urne che cercare un difficile sostegno in questo Parlamento. Il tutto con Mario Draghi non disponibile a fare il premier di unità nazionale. Se così fosse, escludendo il ritorno dell'alleanza M5S-Lega e visto che Pd-Forza Italia-renziani sono minoranza sia alla Camera sia al Senato, la strada delle elezioni anticipate potrebbe essere davvero in discesa. E in tempi anche rapidi visto che a luglio inizia il semestre bianco del presidente della Repubblica.