Politica

Governo, chi vince dopo l'ok sulla Giustizia. Cartabia al Quirinale? No...

Di Alberto Maggi

Giustizia, vincono Draghi, Di Maio, Orlando, Franceschini e Giorgetti. Ma per Cartabia il Quirinale è un miraggio

Vince Mario Draghi. In Parlamento hanno pochi dubbi all'indomani dell'accordo in Consiglio dei ministri sulla riforma della Giustizia che archivia le contestate norme Bonafede. Il premier voleva il primo via libera entro la pausa estiva e sarà così. Insieme al presidente del Consiglio a uscire rafforzati dalla lunga ed estenuante partita fatta di stop and go sono i cosiddetti mediatori ovvero Luigi Di Maio per il Movimento 5 Stelle, che si è adoperato non poco per convincere Giuseppe Conte a dire sì, Dario Franceschini e Andrea Orlando per il Pd, e Giancarlo Giorgetti per la Lega, che ha suggerito a Matteo Salvini di restare a Roma e di insistere nel dialogo diretto con il premier.
 

 

E la ministra Marta Cartabia? Qualcuno, sbagliando, potrebbe pensare che l'intesa sulla riforma del processo penale spiani la strada verso il Quirinale per la Guardasigilli. Ma non è così. "Cartabia è arrivata alle riunioni e in Cdm con la pretesa di imporre la sua linea, senza ascoltare nessuno. Ha capito che non funziona così", spiega un parlamentare Dem di lungo corso che bolla l'atteggiamento della ministra come "un mix di inesperienza e presunzione". Conte e i 5 Stelle non hanno gradito affatto l'atteggiamento del numero del dicastero di Via Arenula, tanto che sono arrivati a un passo dall'astensione e dalla clamorosa rottura, e quasi sicuramente - spiegano varie fonti parlamentari - non potranno e soprattutto non vorranno votare Cartabia, che resta la persona che ha archiviato la riforma Bonafede, presidente della Repubblica.

Sul fronte opposto, Forza Italia si è vista chiudere la porta in faccia nel tentativo di allargare il provvedimento inserendo anche la parte sull'abuso d'ufficio e, di conseguenza, anche se non lo dichiarano pubblicamente, il malumore proprio nei confronti di Cartabia serpeggia anche tra i berlusconiani. Con queste premesse, come spiega un deputato leghista fedelissimo di Salvini, "è del tutto evidente che non possiamo votare la ministra per il Quirinale con Renzi e Pd. Primo non ci sono i numeri, secondo non sta in piedi politicamente". Insomma, tutto è possibile e vedremo nei prossimi mesi, ma all'indomani dell'accordo sulla Giustizia le chance per la Guardasigilli di arrivare sul Colle più alto di Roma sono diminuite e non aumentate.