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Governo: Salvini vuole spedire Giorgetti all'Ue, ma lui rifiuta

Il leader del Carroccio teme un governo con la Meloni, tensioni nella Lega

Governo: Salvini vuole spedire Giorgetti all'Ue, ma lui rifiuta

I festeggiamenti dal balcone di via Bellerio a Milano la notte delle elezioni europee, quando le proiezioni iniziavano ad assegnare alla Lega ben più del 30% dei voti, sono un quadro idilliaco dei rapporti tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti che ben poco ha a che fare con la realtà. Al di là della scelta del segretario del Carroccio di andare avanti con il governo Conte “senza se e senza ma”, che ha lasciato l’amaro in bocca al suo vice ormai da mesi critico nei confronti dell’alleanza con i 5 Stelle, il principale tema di divisione dentro le stanze del potere leghista è il commissario europeo che spetta all’Italia.

Il ministro dell’Interno, stanco dei continui borbottii e lamenti del sottosegretario alla presidenza del Consiglio che irritano gli alleati e il premier Giuseppe Conte, ha confidato nei giorni scorsi che il suo nome per la prossima Commissione Ue è proprio quello di Giorgetti. Un nome che troverebbe anche l’assenso del Capo dello Stato, visto che proprio ieri incontrando il vicepremier Luigi Di Maio Sergio Mattarella ha chiesto che a Bruxelles vada una persona autorevole, un “nome forte”. Non solo: il nome di Giorgetti convincerebbe anche il M5s che, da quanto si apprende, sarebbe d'accordo per la nomina del sottosegretario leghista a commissario Ue. Infatti, visti i risultati del 26 maggio il M5S – spiegano fonti pentastellate – è pronto a lasciare alla Lega questa poltrona. Inoltre, anche Di Maio si toglierebbe un bel peso che spesso condiziona l’esecutivo ed è motivo di fibrillazioni. Il problema è che GG, come chiamano Giorgetti all’interno del Carroccio, ha spiegato più volte allo stesso Salvini e agli altri colonnelli del partito di non avere alcuna intenzione di andare in Europa a fare il commissario.

“O resto al governo o se sono un problema vado a casa”, avrebbe risposto a muso duro al ministro dell’Interno quando gli ha prospettato lo spostamento nella capitale europea. Una bella gatta da pelare per Salvini, anche perché il vice-segretario ha dalla sua parte non pochi militanti della vecchia Lega Nord, quelli che rimpiangono la Padania di bossiana memoria e che geograficamente sono collocati soprattutto nella fascia settentrionale della Lombardia e in parte in Veneto. Intanto all’interno del Carroccio deputati e senatori continuano a chiedersi come mai Salvini, nonostante i numeri delle Europee, abbia deciso di non andare al voto e di proseguire con il governo del Cambiamento. Un parlamentare di lungo corso, che ha avuto modo nei giorni scorsi di dialogare con il leader leghista, fornisce un’innovativa chiave di lettura: per il titolare del Viminale è più semplice governare con il M5S e con Di Maio che non con Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni seppur con numeri che sarebbero diversi e probabilmente nel ruolo di presidente del Consiglio. “Se con i 5 Stelle è complicato avere l’autonomia regionale, ma l’avremo, con la Meloni sarebbe semplicemente impossibile”, avrebbe confidato Salvini ai suoi interlocutori nei giorni più caldi delle tensioni nella maggioranza.