Politica
Governo, Speranza: "Non vogliamo il lockdown totale. Tra dieci giorni sapremo"
Il ministro della Salute: "Io resto molto prudente. Parlare adesso di come sarà il Natale non ha senso, manca troppo tempo"
Arcuri: "Sulle terapie intensive non c'è pressione"
Ad oggi "non c'è pressione" sulle terapie intensive in Italia. A sottolinearlo, intervenendo a un evento digitale, il commissario all'emergenza Covid, Domenico Arcuri. "Al picco abbiamo avuto nel nostro Paese circa 7 mila pazienti in rianimazione, duemila di più della totale capienza dei reparti. Oggi abbiamo circa 10 mila posti di terapia intensiva e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese. Attualmente ci sono circa 3.300 ricoverati per Covid in terapia intensiva quindi la pressione su questi reparti non c'è", ha detto. "Negli ultimi 10 giorni i miei uffici hanno distribuito il 10% delle attrezzature per la terapia intesiva pari a quelle che sono state distribuite negli ultimi 60 anni", ha aggiunto Arcuri, lamentando che nel passato "il sistema sanitario non è stato considerato un fattore competitivo".
Governo, Speranza: "Non vogliamo il lockdown totale. Tra dieci giorni sapremo"
Il Coronavirus continua a far paura. Il numero dei contagiati resta altissimo, così come quello dei ricoverati e dei pazienti in terapia intensiva, ma il ministro della Salute Roberto Speranza intravede segnali di luce. "Io resto molto prudente - spiega Speranza alla Stampa - ma i nostri esperti del Cts ci dicono che la curva dei contagi si va stabilizzando. È ancora presto per dirlo, aspettiamo altri dati, ma ci sono valide ragioni per credere che le ultime misure che abbiamo adottato comincino a dare qualche risultato.
Se guardiamo ai numeri, ci accorgiamo che i nuovi casi di coronavirus registrati nello scorso weekend sono gli stessi di quest’ultimo sabato e domenica. Se questo è vero, si conferma la validità della strategia che abbiamo adottato, che alla fine è molto chiara: vogliamo governare la curva, senza arrivare al lockdown totale. E si conferma la necessità di non mollare adesso: i prossimi sette-dieci giorni saranno decisivi, e ci diranno se la divisione del Paese in tre zone, e il meccanismo sostanzialmente automatico delle restrizioni regione per regione, sta dando i frutti che tutti speriamo".
"In Lombardia, - prosegue Speranza - prima della chiusura, l’indice Rt era a 2, ora siamo già a 1,2. In Campania abbiamo visto tutti le immagini del Vomero di sabato, con un fiume di gente per strada, e quelle di domenica, con le strade deserte. E così per la Toscana, e per le altre regioni che erano già in zona rossa. Tutti si lamentano, il giorno dopo. Ma vedrà che tra dieci giorni, se tutto va come speriamo, ci ringrazieranno, e diranno “avremmo dovuto farlo prima”. Perché il nostro modello funziona. E i passaggi da una zona all’altra, concepiti con un meccanismo quasi automatico basato su dati e parametri predefiniti, sono una forma di tutela della salute dei cittadini, e non una pagella politica per i presidenti di regione".
Speranza rimanda anche ogni decisione in vista del Natale: "Capisco che le Feste siano un momento importante, per tutti gli italiani. E vedo che molti, anche nel governo, si esercitano sul tema. Ma diciamolo con chiarezza: a Natale mancano quaranta giorni, che sul piano epidemiologico sono un tempo molto lungo. La mia testa non è concentrata su quello che succederà tra un mese e mezzo, ma su quello che accadrà alla fine della prossima settimana. Su come saranno andati, lunedì prossimo, la curva dei contagi, le terapie intensive, l’indice Rt, le altre aree mediche al di fuori del Covid. È su questo che ci giochiamo tutto, non sul cenone del 24 dicembre, con o senza i nonni o i parenti di primo grado. Questa, per me, è davvero una discussione lunare. Per questo chiedo a tutti gli italiani di tenere i piedi ben piantati sulla terra".
Era meglio fare il lockdown come a marzo, allora? A questa domanda il ministro della Salute ribatte dicendo di capire bene chi lo dice o lo proponeva, ma poi afferma che “obiettivamente oggi la situazione è diversa da marzo: allora non avevamo le mascherine, non avevamo le terapie intensive, non avevamo protocolli farmacologici. Oggi siamo in difficoltà, su qualche fronte siamo anche in ritardo, ma non combattiamo a mani nude come sette mesi fa”.
E spiega: “Negli ultimi mesi abbiamo avuto il cosiddetto aumento esponenziale di terapie intensive: un giorno 20 ricoveri, il giorno dopo 40, quello dopo ancora 80, e poi 120, e così via. A questi ritmi è chiaro che il sistema non regge. Ma se guardiamo alla media mobile dell'ultima settimana ci siamo assestati intorno a quota 100. Se ci stabilizziamo su questi livelli anche la settimana prossima, abbiamo fondate ragioni per ritenere che siamo arrivati al cosiddetto "plateau", che equivale poi a un indice Rt uguale a 1”, assicura. Ciò significa, per Speranza, che “per ogni nuovo contagiato che entra in intensiva un altro ne esce. Il nostro auspicio è che nella settimana ancora successiva, grazie alle ultime ordinanze sull'allargamento della zona rossa, l'indice possa scendere sotto 1. A quel punto i pazienti che escono saranno più di quelli che entrano, e il sistema torna ad essere perfettamente sostenibile”.