Politica
"Inchiesta contro la Massoneria è caccia alle streghe", condannato Cordova
Cordova, ex Procuratore Capo, condannato a pagare le spese processuali in favore del Grande Oriente d’Italia: “Inchiesta caccia alle streghe” critica legittima
Con una sentenza che è stata pubblicata il 27 ottobre scorso, la Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria, a definizione del giudizio che era stato promosso da Agostino Cordova contro il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, ha respinto la richiesta avanzata dall’ex Procuratore Capo condannandolo al pagamento delle spese processuali in favore del GOI.
Si tratta di un provvedimento molto importante per l’Ordine visto che la Giustizia ordinaria ha ritenuto legittima la critica che definiva come una “caccia alle streghe” l’inchiesta di Palmi dell’allora Procuratore Cordova culminata nel luglio del 2000 con l’archiviazione a Roma.
“Carissimi Fratelli, questa sentenza – ha detto il Gran Maestro Stefano Bisi – ci fa gioire perché rende giustizia anche ai tanti Fratelli che in quei lontani ma per tutti noi dolorosi anni ’92 e ’93 si trovarono perseguitati e che subirono la perquisizione notturna delle forze dell’ordine a seguito di quella inchiesta.
E’ per questo che oggi proviamo una gioia particolare di fronte alla sentenza che scrive in modo inequivocabile gli eccessi dell’inchiesta Cordova e che dà soddisfazione al Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani anche se non potrà mai sanare e cancellare i danni subiti da tanti nostri cari Fratelli dati in pasto all’opinione pubblica come malfattori”.
Ecco nei particolari tutta la ricostruzione della vicenda giudiziaria che ha portato alla sentenza favorevole per il Goi che è stato difeso dagli avvocati Raffaele D’Ottavio e Fabio Federico:
La vicenda giudiziaria trae origine dalla iniziativa del Gran Maestro, Stefano Bisi, volta ad ottenere la restituzione della imponente mole degli atti sequestrati al GOI nel lontano 1993 su impulso dell’allora Procuratore Capo Agostino Cordova nell’ambito della nota inchiesta contro la massoneria.
In particolare, il giornale Il Dubbio – prendendo spunto dalla allocuzione pubblica del Gran Maestro Stefano Bisi tenuta in occasione della Gran Loggia del 2017, nel corso della quale era stato comunicato l’accoglimento della istanza e l’avvio della restituzione degli atti sequestrati – pubblicava un ampio articolo con cui, rievocando il decreto di archiviazione, veniva criticato severamente il modus operandi che aveva contraddistinto quella nota inchiesta giudiziaria.
Si legge, infatti, nella citata sentenza :”Le accuse avanzate (ndr da Agostino Cordova) non appaiono fondate perché l’articolo oggetto di giudizio parte da un fatto recente, ovvero la restituzione dei primi fascicoli sequestrati nel corso dell’indagine sulla massoneria, per ripercorrere l’andamento della suddetta indagine utilizzando certamente, toni critici che vengono ripresi anche dal provvedimento di archiviazione dell’indagine emesso dal Tribunale di Roma nel 2001“.
La molteplicità delle espressioni severe e aspre utilizzate nel citato articolo di stampa non ne consente la integrale trascrizione nella presente breve relazione; si rinvia, pertanto, all’allegato articolo per una più puntuale ed esaustiva rappresentazione, potendosi di seguito riportare solo alcune di quelle ritenute dall’ex Procuratore come diffamatorie:”(ndr Cordova) soprannominato il “Minotauro” vedeva in Napoli la capitale del Male!; “la caccia al massone inizio nel 1992….”la GIP che ha archiviato l’inchiesta l’ha definita priva di notizie di reato e illegittima“; “Quelli sequestrati erano faldoni pieni zeppi di storie, di volti e nomi messi alla berlina in una caccia alle streghe finita con un buco nell’acqua“; “…secondo Bisi i massoni furono perseguitati, additati, trattati come mafiosi; che Cordova, dal suo ufficio di Palmi, ci aveva provato in ogni modo, salvo poi passare la palla a Roma, per competenza territoriale“; “nel corso degli anni ‘quei documenti sono rimasti in pasto alle Procure, senza che nessuno si preoccupasse di cancellare il marchio di infamia stampato a caratteri cubitali sulla carta d’identità di ognuno dei massoni finiti sotto la lente d’ingrandimento‘”; “secondo il GIP… spesso le indagini sulle associazioni segrete si traducevano in un cumulo di polvere (frase mai usata dal GIP), finendo per essere conoscitive e, in quanto tali, dovrebbero essere accuratamente evitate.
E l’articolo 330 del codice di procedura penale era stato interpretato come potere del P.M. e della Polizia Giudiziaria di acquisire notizie e non, come si dovrebbe, notizie di reato“; “…così come vedeva nei massoni ad ogni costo dei mostri“; “quasi 30 anni dopo quei mostri non ci sono più, ma che la caccia alle streghe non è mai finita“.