Politica
"Da come affrontiamo le autocrazie dipende il nostro futuro comune"
L'intervento integrale del premier Draghi a New York all'Appeal of Conscience Foundation
Mario Draghi ha ricevuto il premio "World Statesman" della Appeal of Conscience Foundation a New York per la sua "lunga leadership poliedrica nella finanza e nel pubblico servizio. Ecco il suo intervento
L'importanza del dialogo è stata al centro della mia vita professionale come economista e come decisore politico. Il valore di una partnership di successo tra organismi multilaterali e istituzioni locali è stata una delle lezioni principali che ho imparato lavorando alla Banca Mondiale negli anni Ottanta. Riscrivere le regole della finanza globale, come abbiamo fatto nel Financial Stability Board all’indomani della crisi del 2008, ha richiesto fiducia reciproca, apertura mentale e capacità di arrivare a compromessi. Il progetto europeo, che ha garantito pace e stabilità in Europa dopo secoli di conflitti, si basa sulla forza di istituzioni condivise come la Banca Centrale Europea.
Il G20, presieduto dall'Italia lo scorso anno, ha confermato che solo la cooperazione globale può aiutare a risolvere i problemi globali, dalla pandemia ai cambiamenti climatici. Il potenziale per la comprensione reciproca di essere una forza per il bene comune è tanto più grande quanto più integrato è il nostro mondo. Per avere successo per tutti, e soprattutto per i più vulnerabili, la globalizzazione richiede un insieme di regole comuni.
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Eppure, oggi ci troviamo di fronte a una sfida importante all'idea che possiamo lavorare insieme per il vantaggio di tutti i Paesi. L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia rischia di inaugurare una nuova era di polarizzazione, che non si vedeva dalla fine della Guerra Fredda. La questione di come affrontiamo le autocrazie definirà la nostra capacità di modellare il nostro futuro comune per molti anni a venire.
La soluzione risiede in una combinazione di franchezza, coerenza e impegno. Dobbiamo essere chiari ed espliciti sui valori fondanti delle nostre società. Mi riferisco alla nostra fede nella democrazia e nello Stato di diritto, al nostro rispetto dei diritti umani, al nostro impegno per la solidarietà globale. Questi ideali dovrebbero guidare la nostra politica estera in maniera chiara e prevedibile, e sottolineo prevedibile. Quando tracciamo una linea rossa, dobbiamo farla rispettare. Quando prendiamo un impegno, dobbiamo onorarlo. Le autocrazie prosperano sfruttando la nostra esitazione. Dovremmo evitare l'ambiguità, per non pentircene in seguito. Infine, occorre essere disposti a collaborare, purché ciò non significhi compromettere i nostri principi fondamentali.
Questa settimana si tiene la 77ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Mi auguro che ci sarà un futuro in cui la Russia deciderà di tornare alle norme che aveva sottoscritto nel 1945. Nonostante i tempi cupi in cui viviamo, rimango, cautamente o no, ottimista sul futuro. L'eroismo dell'Ucraina, del Presidente Zelensky e del suo popolo, è un potente richiamo a ciò che rappresentiamo e a ciò che rischiamo di perdere. L'Unione europea e il G7 - assieme ai nostri alleati - sono rimasti fermi e uniti nel sostegno all'Ucraina, nonostante i tentativi di Mosca di dividerci. Il nostro sforzo collettivo per la pace continua, come dimostra l'accordo per sbloccare milioni di tonnellate di cereali dai porti del Mar Nero.
Solo l'Ucraina può decidere quale pace sia accettabile, ma dobbiamo fare tutto il possibile per favorire un accordo quando finalmente diventerà possibile. In un mondo diviso, il ruolo dei leader religiosi e delle istituzioni che guidate è essenziale. Nonostante tutte le vostre differenze, sostenete la pace, la solidarietà, la dignità umana. La vostra conoscenza, la vostra saggezza e la vostra fede possono guidarci e aiutarci a guarire. Potete andare oltre i confini, parlare alla nostra coscienza collettiva e all'anima degli individui.
Potete indicare la via da seguire attraverso il dialogo, costruendo nuovi ponti dove quelli vecchi sono crollati. E potete chiamarci a rendere conto del nostro operato. Come mi è stato ricordato durante la mia recente visita allo Yad Vashem, l'indifferenza è il peggior nemico dell'umanità. Far sentire la propria voce non è solo un obbligo morale, è un dovere civico. A coloro che pretendono silenzio, sottomissione e obbedienza dobbiamo opporre il potere delle parole - e, se necessario, dei fatti. Oggi il mondo ha bisogno di coraggio e chiarezza, ma anche di speranza e amore.