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L'anti Meloni è solo Salvini. Così il leader della Lega condiziona la premier

di redazione politica

La strategia della leader di FdI è quella di non avvantaggiarlo in vista delle Europee. Ma rischia grosso approvando tutte le sue scelte (vedi il Mes)

Meloni il suo avversario politico lo ha in "casa". Ecco perché ha deciso per il no al Mes alla fine

Giorgia Meloni ha capito che l'unico vero avversario politico lo ha nella maggioranza e non nell'opposizione, si tratta di Matteo Salvini. In questo momento il problema principale della premier è il leader della Lega. E non è un segreto. Salvini ha da tempo iniziato la sua campagna elettorale verso le europee. Meloni ha semplicemente deciso di non lasciargli vantaggi. Da qui la scelta dell'ultimo minuto di votare contro la ratifica del Mes e allinearsi alla linea del Carroccio. Questo giovedì Giorgia Meloni chiarirà tutto. Alle ore 11 la premier - si legge su Il Domani - affronterà i giornalisti durante la consueta conferenza stampa di fine anno. E dovrà rispondere alle domande che, complice l’influenza e la pausa natalizia, sono rimaste sospese. Su tutte quelle sul nuovo Patto di stabilità e sulla bocciatura della ratifica del Mes che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha pubblicamente criticato e che tanti problemi rischia di creare alla maggioranza in Europa.

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Salvini - riporta Repubblica - aveva già cominciato tempo fa con i raduni dell’estrema destra, aperti persino ai neo-nazisti tedeschi. L’obiettivo concreto, del tutto riuscito, ha coinciso con una mossa di politica interna: mettere con le spalle al muro la rivale Meloni, inchiodandola alla sua passata retorica anti-europea per spingerla verso una rinnovata delegittimazione. Così il destra-centro dimostra di trovare la sua unità, ma al prezzo di radicalizzarsi. Chi nel settembre '22 ha votato Fratelli d’Italia nella speranza di favorire la nascita di un moderno partito conservatore, oggi assiste al ritorno del "salvinismo", peraltro con una peculiarità: la Lega non è più al 34 per cento nel Paese, come nel ‘19, ma appena sotto il 10. Una bella differenza, eppure è sufficiente per mettere in crisi la leadership meloniana.