Politica

L'elezione al Quirinale è già il film dell'anno. Ma poi c'è anche la realtà...

Di Lorenzo Zacchetti

Le telefonate di Sgarbi pro Berlusconi, i peones che scalpitano e i più saggi che tacciono: tutto bellissimo, ma fuori dal Palazzo le priorità sono altre

Draghi ha il 60% di consenso tra i cittadini, ma a decidere sono i politici...

Peccato che stia per finire, perché la trama della corsa al Quirinale è degna di un film da Premio Oscar. Rasentano il sublime gli ampi resoconti che Sgarbi, novello Zio Sam, fa della sua campagna di reclutamento di sostenitori di Berlusconi. Il suo racconto è così partecipato e coinvolgente che viene da suggerirgli di fare una diretta social: potrebbe battere quelle dei Ferragnez. O forse stanno riprendendo tutto per poi farne una serie-tv che certamente brucerebbe i record di Squid Game e LOL. Berlusconi è un genio della tv (e Sgarbi non è meno creativo): se non ci hanno già pensato è solo perché il fondatore di Mediaset ormai pensa giorno e notte solo al Qurinale. E non è mica l'unico. 

Negli ultimi giorni, parlando con chi è in qualche modo coinvolto nella vicenda, persino i candidati più improbabili si barricano nel più stretto riserbo, ben sapendo che queste partite le vince solo chi arriva da outsider al momento decisivo. Hanno ragione loro, infatti i più (Pier)furbi tacciono da mesi. Chi ha interesse a parlare sono i peones che devono segnalare la loro presenza: fino a qui trasparenti agli occhi dei più, adesso che ogni voto pesa come un macigno bisogna corteggiarli come fossero primedonne. Sono soddisfazioni.

Draghi, il meno politico dei protagonisti, ha invece commesso un passo falso dicendo un po' troppo a proposito delle sue intenzioni presidenziali e non gli è bastato fare marcia indietro respingendo bruscamente le successive domande. Segnaliamo una notizia: anche l'uomo che molti consideravano infallibile può sbagliare, come hanno sottolineato sia Calabresi che Cuzzocrea a “Piazzapulita”. E, nella stessa puntata, Bersani ha parlato della necessità di dare un segnale al Paese, scegliendo una figura fuori dall'agone politico per trasmettere un segnale di conciliazione e compattezza nell'affrontare la difficile fase storica. Una soluzione che al momento non esiste (o è ben nascosta in qualche bunker), ma che tuttavia rappresenterebbe quel finale a sorpresa che Bersani ha già vissuto con Prodi e che a suo avviso “gli italiani vorrebbero vedere”. Un po' come quando si guarda un film giallo e solo alla fine salta fuori che l'assassino è quello che nessuno aveva mai degnato di uno sguardo. 

Scenari che si collocano a metà tra l'onirico e il neorealismo, al punto che sembrano far parte di un copione di Paolo Sorrentino. Ad esempio quello del bellissimo “Il Divo”, con la scena madre di Andreotti beffato all'ultimo momento a favore di Scalfaro. Sfuma il sogno della sua vita (diventare Presidente, ovviamente) seppure il leader DC resta impassibile nell'applaudire l'amico-rivale. E Sbardella, pur essendo uscito dalla corrente andreottiana, lo porta ad esempio di “come si sta al mondo”. 

Ma quale mondo? Tutto questo è straordinariamente avvincente per chi come noi è molto interessato alla politica. O anche per chi ama osservare fenomeni antropologici. Cerchiamo però di non dimenticare che fuori dal Palazzo c'è un Paese che ha qualche problema più stringente del gioco di equilibri che porterà a definire il punto di caduta di questo complesso intreccio parlamentare. Oltre agli ospedali sotto pressione e a un'economia terrorizzata dall'idea di fermarsi ancora, c'è una crisi energetica che suscita domande inquietanti sul futuro. Fa molto bene Salvini a ripetere come un mantra che la priorità sono le bollette, perché quella è l'angoscia immediata, ma poi c'è anche un modello di sviluppo da rivedere, con la questione ambientale per la quale ancora si aspettano non dico interventi concreti, ma almeno idee plausibili. E questo sì che dovrebbe togliere il sonno.

Classe dirigente e società sono veramente due binari paralleli. Non a caso, il 60% degli italiani dà ancora il suo consenso a Draghi, mentre nella politica politicante cresce il desiderio di ridimensionarne lo strapotere nella vita pubblica. L'elezione del Capo dello Stato è tipicamente una vicenda tra insider, che però non devono dimenticare di essere tali solo in quanto rappresentanti dei cittadini. E, seppure questo grande gioco del Quirinale ci potrebbe veramente intrattenere all'infinito, un minuto dopo la scelta e gli immancabili retroscena bisognerà tornare sull'altro binario per fare un percorso ben più impegnativo. Proprio questa consapevolezza, ci auguriamo, ispirerà una scelta avveduta e orientata al futuro.

 

 

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