Politica

Lega, ipotesi espulsione per i bossiani del "Comitato Nord". Inside

Lega, Salvini serra i ranghi e alza la voce al consiglio federale

Protesta con Zaia per le parole dell'assessore venete Roberto Marcato


Lungo consiglio federale della Lega a Milano, nella storica sede di Via Bellerio. Dopo il doveroso ricordo di Roberto Maroni, i cui funerali si sono tenuti questa mattina a Varese, c'è stato un esame delle prossime elezioni regionali, delicatissime e molto importanti per il Carroccio, con la richiesta di un election day il 12 e il 13 febbraio 2023. Sulla manovra economica appena varata dal governo Meloni, il segretario Matteo Salvini e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti hanno espresso soddisfazione avendo ottenuto il "massimo" vista la situazione dei conti pubblici. Ma oltre alle rose, anche le spine.

Salvini, durante la riunione del massimo organo leghista, si è rivolto a Luca Zaia, presidente della regione Veneto, per protestare in modo decisamente vibrante dopo le parole dell'assessore veneto allo Sviluppo economico Roberto Marcato, non nuovo alle critiche al vicepremier e ministro delle Infrastrutture e nostalgico della Lega Nord federalista. In particolare, a Salvini non è piaciuta l'intervista su un quotidiano di oggi nella quale Marcato ha affermato che il segretario non può parlare di famiglia tradizionale in quanto divorziato. Ma il tema è anche politico. L'assessore veneto contesta la linea del sovranismo e quindi anche della Lega nazionale. Salvini ha sottolineato con forza il suo disappunto con Zaia, il quale ha cercato di mediare evitando di alzare la tensione.

Altra spina il cosiddetto "Comitato Nord" all'interno della Lega che si ispira alla vecchia Lega federalista, autonomista e padana di Umberto Bossi. Il ragionamento di Salvini è semplice e lineare: se si limitano a organizzare dibattiti e convegni non c'è nulla di male, ma se si arriva, come pare, a nominare addirittura referenti provinciali e di sezione del "Comitato Nord" di fatto si crea una struttura parallela e un partito nel partito. Sul banco degli imputati in particolare i due ispiratori, Paolo Grimoldi (ex leader del partito in Lombardia ed ex parlamentare) e l'eurodeputato Angelo Ciocca. Tanto che, nel caso in cui andassero avanti su questa strada di contrapposizione verso la linea ufficiale del partito, nel 2023 non sono esclusi provvedimenti disciplinari (sospensione o perfino espulsione) nei confronti di Grimoldi, Ciocca e di altri lombardi, molti dei quali ex parlamentari non ricandidati. L'accusa di Salvini è che in qualche modo "usano" il nome di Bossi per contestare la linea del segretario cercando di indebolirlo.