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Politica
Legge elettorale, Renzi in campagna elettorale: obiettivo 40%

Matteo Renzi incassa il sì della direzione Pd (con l'astensione degli orlandiani) sul sistema tedesco e fissa una volta per tutte le sue condizioni. L'ok alla legge deve arrivare "entro la prima settimana di luglio", perché, per il segretario dem "o si fa entro" questa data "o non si fa più". In più, scandisce per ben tre volte davanti al parlamentino dem perché il messaggio arrivi forte e chiaro anche all'esterno del Nazareno, "la soglia del 5% è inamovibile".La prima direzione del secondo mandato Renzi si apre con un Pd già diviso sul da farsi, con gli orlandiani sul piede di guerra: è indispensabile tenere "fermo il principio dell'equilibrio tra governabilità e rappresentanza quale requisito non contrattabile" e "scongiurare ogni ipotesi proporzionalistica, che produrrebbe ingovernabilità ed instabilità", mettono nero su bianco in un documento 31 senatori vicini al ministro della Giustizia, puntando il dito contro un possibile voto anticipato: "Puntare ad elezioni in autunno rischiando l'esercizio provvisorio di bilancio significherebbe assumersi la responsabilità di un salto nel buio", scrivono.

Il segretario dem respinge le accuse di accelerazioni. "Il Pd ha scelto di sostenere il governo con convinzione e determinazione. Continuiamo a lavorare in questa direzione" perché "c'è molto da fare", ribadisce rivolgendosi direttamente a Paolo Gentiloni, seduto in platea a testimoniare l'unità di intenti tra il Governo e il suo principale azionista. La legge elettorale "va fatta" e "subito" ma non per andare alle urne, ma per rispettare con "serietà" il patto fatto con il presidente della Repubblica. Detto questo, però, avverte Renzi il Pd non può e non deve avere paura del voto: "Sento qualcuno dire: 'eh ma se si va alle elezioni è un pericolo', beh si chiama democrazia. Succede di andare alle elezioni", dice sarcastico. Il segretario dem ci crede: "Io chiedo il voto utile, chiedo votate per il Pd e il voto utile può provocare di tutto", azzarda, ricordando il 40% raggiunto da Angela Merkel che ha portato la cancelliera al 49% grazie allo sbarramento. "Adesso non mettiamoci a fare i convegni sul sistema tedesco ma mettiamoci a lavorare perché con il 5% possiamo fare un risultato straordinario", dice ai suoi.

Quanto al merito della legge, sottolinea Renzi, "dobbiamo prendere atto che c'è una convergenza di FI, M5S, di Sinistra Italiana e della Lega". Di più. "Siamo di fronte a un bivio", chiarisce e la via della "responsabilità" porta dritti "a un modello europeo e a una pacificazione parlamentare". Tagliato fuori da questa inaspettata 'pax' tra i partiti è Angelino Alfano. I toni che Renzi rivolge al ministro degli Esteri non sono teneri: "Se uno non capisce che prima viene l'interesse del paese e poi di un partito, grande o piccolo che sia, non c'è nessuna polemica da fare ma semplicemente bisogna dire che noi stiamo da un'altra parte. Noi non stiamo qui a difendere il diritto di veto dei piccoli o grandi partiti", è l'affondo.Il leader Pd mette le cose in chiaro anche con i suoi. Rivendica il fatto di essere l'unica forza ancora democratica rimasta sullo scenario politico, ma poi prova a mettere "il quartier generale" al riparo dal fuoco amico. "Qui si discute e poi si vota, c'è chi è maggioranza e chi è minoranza. C'è un punto che distingue il partito dal bar dello sport. Dopo il voto - scandisce - è vincolante ciò che si è deciso a maggioranza. E' scritto nel nostro statuto, tranne i casi di coscienza ma non esiste coscienza di corrente. E' finita la stagione in cui si fanno la direzioni e poi ognuno fuori fa come gli pare".

Andrea Orlando non si sottrae al confronto e stuzzica il segretario su quello che spesso è stato il suo campo: "Davvero la forma cancella del tutto il contenuto? Io ho vissuto la stagione delle verifiche, dei rimpasti, non torniamo là? Siamo sicuri che questa legge garantisca stabilità? Io non lo sono", dice mettendo in guardia il partito sul rischio di "distruggere il centrosinistra" e "di dover spiegare ai nostri" l'idea di includere Forza Italia in "un disegno riformista". Non è d'accordo con lui Dario Franceschini. "Non dobbiamo vivere la scelta del sistema tedesco come una cosa subita, come un ripiego, ma come una scelta intelligente - dice - Camere e tre poli al 30% non c'è sistema maggioritario che tenga, che dia la certezza di un vincitore". Alla fine gli orlandiani si astengono, ma il Guardasigilli rassicura il segretario: non ci saranno risse interne: "Riteniamo assolutamente vincolante il voto di questa direzione - dice - ma vogliamo che ci sia un coinvolgimento dei gruppi parlamentari per un approfondimento. Non mi sembra che questo confligga con la Costituzione".

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