Liguria, le mani sul candidato. Il ‘caso Sansa’ e la scomoda verità - Affaritaliani.it

Politica

Liguria, le mani sul candidato. Il ‘caso Sansa’ e la scomoda verità

di Antonio Amorosi

Liguria, i veri motivi dietro il ‘caso Sansa’. Criticato dagli stessi partiti, Pd, M5s e Leu che lo candidano governatore. Ma nessuno sa che il vero motivo è...

La politica devono farla i cretini. Sono docili e gestibili. O la facciamo fare ai gggiovani, con tre g, meglio se cretini. Non hanno un nome da difendere, meglio se non hanno una formazione, un curriculum e una visione del mondo. Integreranno alle mancanze con la voglia incontrollabile di apparire. La politica vera poi la farà chi sta dietro e con quella gli affari. 

E’ questo il dilemma Ferruccio Sansa, il giornalista appena individuato (dopo 8 mesi di trattative) da Pd, 5Stelle e Leu come proprio candidato governatore alla guida della Regione Liguria e immediatamente messo in discussione dai partiti stessi che lo appoggiano. Sansa non è un cretino e ha posto delle condizioni ai partiti che vogliono usare la sua faccia e la sua storia per vincere le elezioni. Diversi quotidiani parlano in queste ore di fraintendimenti, invidie e ripicche pregresse, che metterebbero un freno alla sua candidatura. Ma non è così, sono gli affari a fermare tutto.

 

Il disastro Liguria degli ultimi decenni, la regione del Nord Italia che per dati assoluti più somiglia al Sud, è un caso tra infrastrutture in panne (il crollo del ponte Morandi ne è solo il picco), grandi imprese che chiudono, disoccupazione crescente, devastazione del territorio e avanzata della criminalità organizzata, la ‘nrdrangheta in primis. Solo nel 2019 la cassaintegrazione in Liguria ha superato il Sud Italia con un +126,48% di ore (a Sud è stata di media di +83,04%). In uno studio realizzato nel 2016 dalla Cattolica di Milano e dall’Università di Trento sulle regioni in cui la presenza mafiosa è più forte, ai primi 5 posti troviamo tutte regioni del Sud e al 6° la Liguria. Nella classifica del Viminale sulle province più segnate dagli incendi dolosi nei primi 3 posti ci sono centri calabresi, flagellati dalla ’ndrangheta, la quarta posizione è invece occupata da una città ligure. Sul territorio la ’ndrangheta è molto presente. 

 

Nel 2015 scopro che ad appoggiare i 5 stelle per le regionali di quell’anno in Liguria c’è anche il figlio del boss Palmiro Mafodda, Carmine, che sostiene un candidato capolista 5 Stelle in uno dei collegi. I Mafodda sono uno dei clan più feroci. Alice Salvatore, candidata governatrice dei 5 Stelle al tempo, fa sequestrare l’inchiesta giornalistica ripubblicata sul mio sito personale, dopo essere uscita in edicola su Liberoquotidiano e mi denuncia per diffamazione. Verrò assolto con formula piena perché “il reato non sussiste”. Il giudice scrive nella sentenza : “Lo scritto era pertinente e continente”, ed è “biasimevole ed imbarazzante” la vicinanza dei Mafodda al capolista M5S, non chi lo racconta. Il capolista non venne mai eletto. Il capogruppo dei 5 Stelle al comune di Imperia, Antonio Russo, aveva denunciato il caso ma fu poi espulso dal movimento.

 

Sansa per candidarsi ha posto delle condizioni: fare lo screening di tutti i candidati nelle liste che lo appoggeranno. In sintesi: chi ha fatto parte dello scempio passato non è candidabile. E tra i propositi del giornalista ci sarebbe quello di tentare di recuperare tutti coloro che negli anni e nei partiti, Pd, M5S e Leu, si sono opposti allo stupro del territorio. Non è una questione di procedimenti o di pendenze penali, avrebbe fatto capire. Da Sansa, figlio di un magistrato e giornalista de Il Fatto quotidiano, ci si aspetterebbe una approccio “manettaro”. “Ma avere un procedimento non significa molto”, avrebbe detto in una riunione. Nelle segrete stanze delle trattative la questione è legata a chi ha partecipato alla devastazione del territorio ligure, tra amministratori, banchieri e imprenditori che tutto sembravano fare fuorché il benessere della collettività.

 

Ma la stranezza in queste ore è che i maggiori dubbi sarebbero sorti proprio tra i vertici dei 5 Stelle, Beppe Grillo in primis, a cui Sansa in passato non ha disdegnato critiche. Le stesse che il giornalista ha mosso diverse volte al movimento del comico e che lo avrebbe posizionato lontano dalle grazie del direttore Marco Travaglio, accusato da molti di aver trasformato il giornale nell’house organ del Movimento. “Il problema, come sempre nel M5S, è il controllo sulle persone”, si è lasciato sfuggire a dicembre dell’anno scorso ad Affaritaliani, un dirigente del Pd ligure che cercava un accordo sul nome di Sansa, inizialmente non accettato dal M5S.

Ma i dissidi con il comico e il suo partito sembrano ormai una cortina di fumo.

I partiti, 5 Stelle compreso, sono terrorizzati dal rischio che si arrivi a pochi giorni dalla presentazione delle liste con Sansa pronto a depennare un numero impressionante di candidati.

 

Il Pd del Ponente Ligure, invece, è quasi tutto contro la sua candidatura: è l’area del cosiddetto patto di ferro tra Partito democratico e gli uomini vicini all’ex ministro Claudio Scajola che ha governato realmente per anni la regione, facendo il bello e il cattivo tempo. Stessa musica nell’estremo Levante, nei lidi intorno al Comune di Sarzana e alla Val di Magra: Sansa lì è visto come il nemico.

 

“Il modello Liguria è proprio questo”, avrebbe dichiarato appena indicato come candidato, “cemento zero, basta consumo del territorio, puntare sulla riqualificazione e il recupero sia delle periferie sia dei borghi storici lungo la costa e nell'entroterra. Questo è un modo per smentire il centrodestra: non è vero che chi ha dei progetti di centrosinistra dice solo no". "Bisogna trovare una vocazione economica alla Liguria che non è più la terra dell'industria pesante, ma secondo noi dell'economia green”. Difficile ci riesca con candidati che hanno fatto l’opposto per decenni.