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Politica
Maria Elena Boschi nuovo segretario Pd? L'autodistruzione dei dem continua

Maria Elena Boschi nuovo segretario del Pd. Una voce insistente, rilanciata da un'intervista di Meb al Corriere della Sera e da un articolo del Fatto Quotidiano in cui si sottolinea quanto tale ipotesi non sia poi così peregrina.

Insomma, colei che - prima del 4 dicembre 2016 - annunciò più volte il ritiro dalla politica in caso di sconfitta del referendum costituzionale, in politica manet optime, continua a restarci cioè "come una pernice nel lardello", diceva Balzac in Papà Goriot. 

Il Fatto Quotidiano ricostruisce una sorta di operazione di tessitura di relazioni pubbliche che ricondurrebbe all'ambizione della deputata di Montevarchi di ricoprire il ruolo di segretario dem, o almeno di voler candidarsi per ottenerlo. Un'idea senz'altro suggestiva per quanto riguarda il lato romanzesco della politica italiana, ma decisamente deleteria e autodistruttiva per il già disastrato Pd.

Per qualche misterioso motivo, la pur preparata Meb sembra sempre uscire dalla porta per poi rientrare subito dal portone (neanche dalla finestra, insomma). Lungi dal ritirarsi definitivamente dalla politica come aveva promesso e ribadito più volte, un mese dopo la sconfitta referendaria era infatti già vicepremier con Paolo Gentiloni. E mentre infuriavano le polemiche su Banca Etruria, ella resisteva imperterrita e indomita al suo posto senza minimamente pensare a un passo indietro che potesse togliere munizioni agli avversari politici.

Non contenta, l'anno successivo, si presentava alle elezioni blindatissima in varie località, financo a Bolzano, ma non ad Arezzo, il suo collegio di riferimento. Fatto che aveva lasciato perplessi - e indignati - anche molti esponenti del Pd stesso.

E adesso che potrebbe restare in Parlamento in sordina da "semplice" deputata, lasciando sedimentare tutte le polemiche sul suo conto, e un bel po' di fango gettato dagli oppositori politici, ecco che torna alla ribalta mediatica riaprendo tutte le "ferite" mai cicatrizzate appieno. C'è da dire che, in questo, assomiglia al suo mentore Matteo Renzi che si mette costantemente in luce laddove dovrebbe invece trarsi in ombra, per parafrasare l'Idiota di Dostoevskij. Tutto il contrario della comunicazione politica vincente, insomma. A meno che del partito interessi ben poco e stia più a cuore la visibilità personale, cosa che spiegherebbe il motivo dell'intervista di Meb al Corriere.

Ma nelnelle file del Pd, come sarebbe vista una sua eventuale candidatura alla segreteria? Certo non sarebbe accolta con feste, balli e pranzi di gala. Luca Lotti, altro fedelissimo di Renzi, ha già storto il naso all'ipotesi, e l'idea di  molti dem di convincere Teresa Bellanova a candidarsi collide con le possibili velleità di Meb. E poi c'è lo stesso Renzi, che può contare con un certo numero di fedelissimi intenzionati a spingerlo a ricandidarsi per l'ennesima volta malgrado le sonore sconfitte elettorali.

A conti fatti, se mai dovesse prendere in considerazione una sua eventuale corsa alla segreteria, Maria Elene Boschi pianterebbe l'ennesimo chiodo sulla bara del Partito Democratico. "Bruciata" mediaticamente - non soltanto per colpa sua - da scelte improvvide e da dichiarazioni eclatanti di abbandono dei giochi politici poi smentite da cariche ancor più prestigiose e da scorciatoie privilegiate per la rielezione; identificata come troppo vicina e fedele al già offuscato ex leader Matteo Renzi, che senz'altro al momento non gode (più) del favore del Paese; gravata (perlopiù suo malgrado) dal fardello dello scandalo Etruria dal quale, in questo caso per colpa sua, non si è smarcata a tempo debito dimettendosi da Ministro delle Riforme e quindi da Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (prudente linea di condotta che avrebbe placato le invettive e il fuoco di fila degli avversari, e dei detrattori in seno allo stesso Pd e nel Centrosinistra), la capace e competente Meb dovrebbe invece prendersi qualche anno sabbatico dall'attenzione mediatica ed, evangelicamente, limitare il suo parlare a sì, sì; no, no, perché tutto il resto viene dal Maligno. 

E il Maligno, nel suo caso, è uno scomodo desiderio di visibilità a oltranza nonché un'ambizione legittima ma autodistruttiva che l'hanno punita politicamente in passato e che, soprattutto, hanno danneggiato il Pd, agevolando la propaganda politica del Movimento 5 Stelle, che sulla vicenda di Banca Etruria ha costruito gran parte del suo successo elettorale alle politiche del 4 marzo. 

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