Politica
Meloni ha bloccato le elezioni provinciali: ha fiutato il flop alle Europee
Elezione diretta dei consigli provinciali e dei presidenti delle province, alle urne nella primavera 2025. Anteprima Affaritaliani.it
Elezione diretta dei consigli provinciali e dei presidenti delle province: ecco perché Fratelli d'Italia ha stoppato l'abbinamento con le Europee
Dove sono finite le elezioni dirette dei consigli provinciali e del presidente della provincia? Il tema sembra sparito dal dibattito politico quando invece fino a pochi mesi fa, soprattutto la Lega, ne aveva fatto un cavallo di battaglia. Tornare all'elezione diretta cancellando la riforma Delrio che portò all'elezione di secondo livello.
Il provvedimento è al momento fermo in Senato e - secondo quanto Affaritaliani.it è in grado di rivelare - a causa dell'opposizione di Fratelli d'Italia non ci sarà l'abbinamento con le elezioni europee dell'8-9 giugno, come sembrava fino all'autunno scorso. Ragionevolmente, spiegano fonti di governo ai massimi livelli, si andrà alle urne per tutte le province che fanno parte delle regioni a statuto ordinario nella primavera del prossimo anno (2025).
Ma per quale motivo il partito della premier Giorgia Meloni ha imposto uno stop all'abbinamento con le Europee? Ufficialmente per motivi tecnici. Nel senso che a giugno ci saranno le Europee con le preferenze, le Regionali (ad esempio in Piemonte) sempre con le preferenze e in diversi comuni le amministrative, sempre con le preferenze. E siccome il progetto di legge che reintroduce l'elezione diretta dei consigli provinciali e del presidente prevede le province in alcuni casi gli elettori si sarebbero trovati di fronte a quattro schede tutte con la possibilità di esprimere preferenze, generando così confusione negli elettori.
Al di là di questa spiegazione "formale", il vero motivo per cui Fratelli d'Italia ha imposto un rinvio sul voto per le province è che sui territori non hanno abbastanza candidati e classe dirigente di peso per formare le liste. E questo avrebbe potuto penalizzare il partito della presidente del Consiglio alle Europee, dove invece Meloni punta a fare il botto arrivando o superando il 30% con la sua quasi certa candidatura in tutte le circoscrizioni. In sostanza, FdI - avendo molti parlamentari e candidati alle Europee, Regionali e Comunali - non avrebbe potuto formare liste "forti" per le Provinciali con un possibile effetto negativo sul voto per l'Europarlamento.
Da qui la decisione di accantonare il ritorno all'elezione diretta ma di rinviare il tutto alla primavera del 2025. La Lega, che invece soprattutto al Nord ha una classe dirigente pronta e preparata da anni, ha accettato obtorto collo questa decisione ottenendo in cambio l'accelerazione che abbiamo visto sull'autonomia regionale differenziata che, dopo il via libera del Senato, quasi certamente (salvo colpi di scena) avrà l'ok definitivo della Camera prima delle Europee.