Politica

Riforme, la minoranza del Pd chiude alle mediazioni

Sulle riforme - e contro Renzi - il capogruppo di Forza Italia Brunetta si appella al capo dello Stato. "In merito alle riforme e ai numeri del governo, con rispetto, domandiamo al presidente della Repubblica di esaminare la questione nella sua oggettività drammatica e alla luce dei precedenti più immediati". Intanto dalla minoranza del Pd si moltiplicano i segnali di battaglia nei confronti del premier e del testo che arriverà a settembre a Palazzo Madama.
 
"Questo governo - spiega Brunetta - non ha la maggioranza in Parlamento (oltre che nel paese): 176 senatori su 320 hanno firmato emendamenti depositati che bocciano la grande riforma costituzionale che l'attuale premier ha indicato come colonna portante e senso stesso del suo mandato di presidente del Consiglio".
 
"Invocare l'ordalia, il muro contro muro, su una materia per la quale è decisivo l'ampio consenso di Parlamento e di opinione pubblica, è qualcosa - sottolinea  - di pericoloso e disperato. Nel novembre 2011 per molto meno, senza alcuna bocciatura, ed anzi dopo un voto favorevole della camera dei deputati, il presidente Napolitano convocò Silvio Bberlusconi e gli impose le dimissioni".
 
Poi l'attacco al predecessore di Mattarella. Che secondo il capogruppo di Fi "con scarsissima sensibilità istituzionale e personale cerca di precostituire una strada per il suo successore, chiedendo con il suo silenzio di avallare una sorta di moral suasion di un Quirinale ombra". Un attacco che con singolare coincidenza arriva anche dal blog di Beppe Grillo.  "Qualcuno - scrive l'ex capogruppo Vito Crimi - dovrebbe spiegarci perché il senatore Giorgio Napolitano lanci moniti manco fosse il Presidente della Repubblica".
 
La minoranza Pd ancora all'attacco. Intanto uno degli esponenti dell'opposizione a Renzi in Senato, Miguel Gotor, fa capire che torvare una soluzione  unitaria nei democratici sarà molto difficile. "La proposta Pizzetti-Martina (con il quale senza toccare l'art.2 ma per legge ordinaria si  recupera il rapporto con i cittadini-elettori) è già stata respinta in Commissione Affari Costituzionali, ma evidentemente, invece di affrontare un autentico confronto nel merito, si preferisce far finta di nulla". In altre parole, per Gotor "l'art.2 del ddl va cambiato".
 
Cesare Damiano prova a insistere sulla necessità di un compromesso "senza mettere in difficoltà il governo". Per esempio far eleggere i senatori attraverso un apposito listino da votare in occasione delle elezioni regionali: "Farli eleggere come prima significa non cambiare nulla,  allora preferisco cancellare il Senato".