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Politica
Nasce la Lega del "buon senso". Salvini si candida al ruolo di statista
MATTEO SALVINI (Foto Lapresse)

Eccola la piazza della Lega “di lotta e di governo”. Un popolo pacifico e composto, più festoso e ottimista di quegli italiani bollati dal Censis come “egoisti, incattiviti e rancorosi”. Dopo i primi sei mesi del nuovo esecutivo gialloverde Matteo Salvini non perde tempo, lanciando al Paese un messaggio forte di coerenza rispetto agli impegni presi dopo il voto del 4 marzo e dopo la formazione del nuovo governo. Dalla capitolina Piazza del Popolo assolata e strapiena Salvini non fa sconti togliendo alle sfilacciate opposizioni in rotta ogni residua volontà di riscossa ma anche strattonando  maggioranza e governo cui riconosce quanto fatto in positivo ma non concede alibi per fare bene e meglio quel che si era detto di fare per il bene degli italiani.

Il capo della Lega lancia i “tre squilli di tromba”, mette l’elmetto e il colpo in canna verso chi in Europa vuole l’Italia al guinzaglio impedendole di rialzare la testa e gira la clessidra avviando di fatto la campagna elettorale per le europee di maggio, non escludendo – anzi, forse auspicando - una “election day” in caso di voto politico anticipato. La manifestazione dei 100 mila a Roma è il primo “strappo” del popolo di Matteo dopo il 4 marzo, una nuova sfida vinta che sancisce lo stato di buona saluta e di crescita nazionale del movimento. Il leader leghista vicepremier e ministro dell’Interno così tocca con mano la capacità di mobilitazione del suo partito e l’adesione e il calore popolare a sostegno del suo progetto di cambiamento avviato, non senza difficoltà e contraddizioni, in questa prima fase di governo. Da Roma – dove si punta a conquistare il Campidoglio quale nuovo emblema di un partito cha ha saputo cambiare, oltre alla leadership, contenitore e contenuti, da movimento padano di protesta contro “Roma ladrona” a partito nazionale per guidare la rinascita del Paese - Salvini, al di là dei toni amichevoli e delle mani tese, ha acceso politicamente la miccia per aprire – in caso di necessità - il fuoco di artiglieria anche sulla stessa maggioranza di governo, senza timore di sfilarsi. Un azzardo? Forse.

Anche perché, oggi, un governo alternativo non c’è e una crisi al buio potrebbe indurre il Colle a giocare la carta di un esecutivo “tecnico”, per Salvini un rospo nel gozzo. Invece, con l’ok di Matterella per un mandato politico al centrodestra, “Salvini premier” non sarebbe più solo uno slogan, con il M5S out. L’azione del leader leghista è quindi a tutto campo, certo distinguendo gli alleati dagli oppositori, ma anche sapendo che per debolezza o per calcolo di parte, potrebbero essere proprio gli alleati a incrinare o far fallire il progetto politico.  Oggi a Piazza del Popolo Salvini, sull’onda favorevole dei sondaggi, incassa un punto pesante a proprio favore, la spinta propulsiva che prepara la battaglia sul campo per una campagna elettorale senza esclusione di colpi, un vero e proprio terreno minato dove l’establishment nazionale ed internazionale giocherà tutte le carte per fermare l’onda innovatrice “sovranista” e non soccombere: un voto che segnerà in modo netto i destini dell’Italia e quelli dell’Europa.

Già l’Europa, la cui inconsistenza e fragilità politica è a tutti nota, per responsabilità che non possono essere addossate all’esecutivo italiano, in primis a Salvini. La voglia d’Europa si è affievolita ovunque e anche gran parte degli italiani vedono la UE come intralcio, quando non un “nemico”.  Perché? E’ mancata la volontà politica e la capacità di affrontare i nodi di una crisi economica internazionale devastante per i più deboli, permettendo una globalizzazione “a senso unico”, con l’establishment finanziario mondiale a dettar legge. Una globalizzazione usata come clava a vantaggio dei poteri forti e dei ceti privilegiati, abbattendo diritti e welfare, non contrastando, anzi favorendo per interessi anche loschi, le ondate dell’immigrazione clandestina, scaricandone le conseguenze soprattutto sull’Italia. Se l’immigrazione clandestina è vissuta dagli italiani come portatrice di insicurezza e di criminalità non vuol dire che si vuol individuare nei migranti il capro espiatorio (di che?) ma che la gente in carne e ossa ha subito e subisce tale situazione sulla propria pelle, non potendone più.

A Salvini va il merito, se non altro, di aver preso di petto la patata bollente, tamponando fin qui la situazione. Non c’è solo il nodo immigrazione. La manovra è un passaggio decisivo per la ripresa economica. Il premier Conte, su mandato dei due vice premier, è riuscito a riprendere con grande capacità e senso del limite, il filo della matassa di un confronto finalmente meno aspro con Bruxelles. Se, come ha già anticipato Affaritaliani, il merito per aver evitato la rottura fra Roma e UE va anche all’amministrazione Usa di Donald Trump (l’ambasciatore Usa a Roma Eisemberg ha promosso la manovra italiana), ciò significa un riconoscimento importante sul peso e sul ruolo internazionale dell’Italia e del suo governo. Bene. Ma non basta, non giocando di rimessa ma affrontando alla radice le cause della crisi della UE, un nuovo progetto politico per i popoli, con i popoli. Già. Rispondere, però, alla crisi europea soffiando sul fuoco di insoddisfazioni e proteste riproponendo ricette fallimentari e pericolose quali quelle anti democratiche dei nazionalismi d’anteguerra estirpando l’idea stessa dell’Europa unita, non salva nessuno: sarebbe il harakiri! Serve un altro “clic”, meno slogan ma una visione nuova di rilancio generale e di vita comune in tutta Europa, che “può e deve risorgere”. L’asticella della sfida si alza: ci vuole ancora più coraggio. non per arroventare la lotta politica già al limite dell’imbarbarimento, ma per stimolare la partecipazione, liberare le idee, le motivazioni, i valori. Serve un pensiero lungo e profondo, una visione del domani, decisioni coerenti senza lacerazioni nel Paese. Dopo la solidità e la presenza di massa – non una prova di forza - di oggi a Piazza San Giovanni l’Italia aspetta adesso da Salvini, italiano come tutti gli altri cui “piace guardare in faccia le persone”, la prova del “buon senso” senza demagogia, non cavalcando l’antipolitica, fuori da estremismi e tatticismi, il passaggio da capo partito e leader a statista. 

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