Politica

Padre Spadaro va al Sinodo. La triste parabola di un ex potente del Vaticano

Di Giuseppe Vatinno

Padre Spadaro va al Sinodo ma non se lo fila nessuno

Padre Spadaro va al Sinodo. La triste parabola di un ex potente del Vaticano

Padre Antonio Spadaro, ex direttore della prestigiosa rivista dei gesuiti, La Civiltà Cattolica partecipa al Sinodo dei vescovi in corso a Roma. Ha solennemente dichiarato: “La Chiesa, che entra in Sinodo, sarà diversa da quella che ne uscirà. Perché, se si dà vita ad un’assemblea sinodale non è per lasciare tutto com’era prima”, tuttavia vale anche il contrario, ha proseguito da buon gesuita: “non vi sarà un cambio radicale” dell’insegnamento della Chiesa”.

Insomma in una sola frase ha detto una cosa e la sua negazione, un po’ come quei partiti che si chiamano contemporaneamente “rivoluzionari e conservatori”, e che destano sempre un po’ di confusione. Ad una domanda specifica, e cioè cosa rappresenti il Sinodo, risponde: “È un evento ecclesiale che coinvolge partecipanti da tutto il mondo. In un tempo nel quale il pianeta è diviso, spaccato, nel quale lo stesso ordine mondiale è in crisi, questo è un incontro importante. E i partecipanti portano le dinamiche vive delle loro realtà, le domande delle diverse società, che a volte hanno anche esigenze opposte. Poi ‘sinodo’ significa ‘camminare insieme’ e questo è molto significativo oggi che si fa sempre più fatica a camminare insieme”.

L’eloquio è ancora raffinato, ardito, paludato, insinuante ma…

C’è un “ma”.

Padre Spadaro è un ex. Al Sinodo conta poco o nulla e la sua vicenda umana e professionale, se così possiamo chiamare il sacerdozio, è tutta racchiusa in un piccolo dramma consumatosi giusto un mese fa quando fu appunto fatto fuori dalla direzione di La Civiltà Cattolica.

Un vero e proprio siluro che aveva fatto naufragare la navicella del gesuita, che negli anni si era faticosamente e sapientemente costruito l’immagine di “amico del Papa” e che invece l’ha inesorabilmente fatto fuori. La sua giubilazione è un fatto di lotta interna alla rivista dei gesuiti che viene ritenuta la voce diretta del Papa perché ha l’imprimatur del Vaticano.

“Finalmente ce lo siamo tolti di torno”, devono aver pensato a La Civiltà Cattolica giornalisti, tipografi, famigli, e perfino il barista dietro l’angolo. Il primo ad annunciare la “liberazione” era stato padre Francesco Occhetta che utilizzando “Xitter” aveva lanciato un irrituale grido di giubilo: “Countdown alla direzione della Civiltà Cattolica, la rivista più autorevole e longeva dei Gesuiti. Auguri!”. Qualche giorno dopo è arrivato l’atteso annuncio ufficiale, perché quando ci sono i gesuiti di mezzo può capitare di tutto: “Il Preposito generale padre Arturo Sosa Abascal (meglio conosciuto come il “Papa Nero”, ndr) ha nominato padre Nuno da Silva Goncalves come nuovo direttore. Dal primo ottobre prenderà il posto di padre Antonio Spadaro che ha guidato la rivista internazionale dei gesuiti per 12 anni (dal 2011) e che è da 25 anni nel Collegio degli Scrittori”.

Insomma, siamo al tifo da stadio per levarselo dai cabasisi, una cosa mai verificatasi nell’austero ambiente di La Civiltà Cattolica. Si parla di screzi direttamente con Papa Francesco che in un primo tempo voleva mandarlo nell’Africa nera, in pieno stile veltroniano. Poi un potente gesuita è riuscito a trovargli un posticino. Già si vedeva il povero ex direttore in un pentolone a bollire come principale portata di quei birichini di cannibali che da quelle parti ci sono ancora e sono dei veri buongustai. Tuttavia, come dicevamo prima, con i gesuiti tutto è possibile e dopo un po’ di manfrina per spaventare a puntino il presule è arrivata la Provvidenza, sotto forma del cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero della Cultura, che ha provveduto a creare un posto di sottosegretariato allo stesso “ministero” vaticano.

Adesso Spadaro posta su X tristi selfie di lui che sta per entrare al Sinodo, ma non si distingue dai turisti o da qualche pretino di campagna che sbircia garrulo e soffice le “stanze dei potenti”, di cui una volta faceva parte ed ora non più.