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Palazzi & potere

Il Presidente del Consiglio dei Ministri insiste nel ripetere che non si può parlare di un accentramento dei poteri dell’esecutivo, in quanto nella sua riforma non si indica alcun potere governativo oltre a quelli già previsti.
Si tratta di un’altra menzogna perché il rafforzamento dei poteri dell’esecutivo è conseguenza diretta dell’impoverimento dei poteri del Parlamento non più formato da due Camere di pari rango, ma da una Camera dei Deputati e da un Senato di nominati scelti tra Consiglieri regionali e Sindaci, più facilmente manovrabili. Inoltre vien meno, con questo tipo di bicameralismo, anche il controllo di una camera sull’altra.
Non può sottacersi poi che attraverso il ballottaggio, previsto dall’attuale legge elettorale, si otterrebbe alla Camera dei Deputati una maggioranza parlamentare frutto del voto anche di solo il 20% dei cittadini votanti.
Né si dimentichi che il Presidente della Repubblica è nominato dopo il settimo scrutinio dai tre quinti dei votanti, ed essendo la maggioranza costituita da 366 presenti egli finisce per esser votato da soli 220 deputati.
In ultimo deve anche ricordarsi l’indebolimento della Corte Costituzionale che vedrà al suo interno non più cinque giudici nominati dalla due Camere con i due terzi dei voti, ma tre giudici nominati dalla Camera dei Deputati e due giudici nominati dal Senato, una Camera formata da consiglieri regionali e sindaci.

A proposito del ricorso al Tar

Tra i molti inganni che si tentano di attuare per indurre gli Italiani a votare SI’ al referendum costtiuzionale è di grande risalto quello relativo alla formulazione del quesito che apparirà sulla scheda di votazione.
Giustamente, come ha asserito il Quirinale, il presidente della Repubblica non entra in questa querelle poiché si è limitato a firmare un decreto governativo. Si tratta dunque giustamente di un atto amministrativo, del tutto indipendente da quelli posti in essere dall’ufficio per i referendum, inequivocabilmente soggetto alla giurisdizione del TAR.
Lo impone la lettura dell’art. 16 della legge <N. 352 del ‘70, il quale prevede il riferimento al solo titolo della legge quando si tratta di normative nuove non previste in Costituzione, mentre viceversa, quando come nel caso in esame si tratta di revisione di norme già presenti in Costituzione, impone di riportare nel quesito gli articoli modificati.
Nel caso della riforma Renzi-Boschi dunque è impossibile prescindere dalla enumerazione dei 47 articoli; non sfugge poi che l’indicazione di detto articolo è tautologica ed accattivante, nel senso che la domanda contiene in sé anche la risposta.
Come si diceva, dunque, l’ennesimo inganno per favorire le lobby e contrastare gli interessi di tutti i cittadini italiani.

Paolo Maddalena
Vice presidente emerito Corte Costituzionale

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accentramento dei poteripaolo maddalena





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