L'ex Governatore di Bankitalia Fazio: la Germania esca dall'Euro
Antonio Fazio: la disoccupazione e la povertà i grandi mali d'Europa
"Nell'economia bisogna saper leggere le conseguenze di ciò che si fa. Questo aumento delle diseguaglianze non è uno tsunami improvviso: è l'effetto della strada che abbiamo imboccato in Europa e delle politiche che si stanno facendo. E la fonte più importante di diseguaglianze sociali è la disoccupazione. I posti di lavoro persi, derivanti da una caduta del reddito nazionale che è stata dell'8%, producono come effetto l'aumento della povertà. Sono i nostri grandi mali. Quel meno 8%, peraltro, è una media: dentro, c'è anche tanta gente che ha perso tutto".
Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia in un'ampia intervista rilasciata ad Eugenio Fatigante dell'Avvenire esprime il suo pensiero sull'economia internazionale "Anche negli Usa c'è una grande concentrazione di ricchezza, ma in Europa il fenomeno è più accentuato. Crescono le disparità anche perché aumentano gli squilibri economici. Prendiamo l'ultimo Economic Report of the President (della Casa Bianca, ndr): fatto 100 il livello del 2008, l'economia degli Stati Uniti è cresciuta fino a 111 circa; la Gran Bretagna, che sta fuori dall'euro, è arrivata a 107; la Germania sta quasi allo stesso livello (106). L'Italia è raggruppata assieme ai cosiddetti stati Piigs (con Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), che da 100 sono crollati a 93. Quanto all'area dell'euro, tolti la Germania e i Piigs, in 7 anni è rimasta pressoché ferma, a 102".
Dov'è l'errore? "La nostra Costituzione - risponde Fazio - è fondata sul lavoro, all'articolo 1. Nella stessa Carta si parla di "diritto al lavoro": ce ne siamo scordati. In Italia la disoccupazione è da troppo tempo attorno al 12%, e poi ci sono oltre 2,2 milioni di Neet (i giovani che non studiano e nemmeno lavorano, ndr). Anche il modo in cui viene gestito l'euro contribuisce a generare disoccupazione. Un'Unione monetaria richiede una omogeneità di strutture economiche che non c'è. In questo contesto il mercato dovrebbe essere in grado di recuperare margini abbassando il costo del lavoro per unità di prodotto, in modo da mantenere competitività nei confronti degli altri Paesi del sistema. Bisogna agire qui per riacquistare la flessibilità perduta in termini di cambio, bisogna recuperare investendo per guadagnare produttività. Così non si è fatto. In questi anni abbiamo perso reddito come non era avvenuto nemmeno nella crisi degli anni Trenta".
Ci vorrebbe un ministro delle Finanze europeo? "A marzo - risponde l'ex Governatore della Banca d'Italia - si celebrano i 60 anni dei Trattati di Roma. Ma quanti ricordano che - di quello spirito europeo degli inizi - abbiamo dimenticato totalmente la sussidiarietà e l'obiettivo primario della crescita? Ora in Europa si tende a centralizzare tutto. Per farlo ci vogliono però strumenti adeguati. E cambiare politiche: va bene l'inflazione da portare al 2%, va bene il controllo dei conti pubblici, ma in questa fase storica il vero obiettivo dev'essere il contrasto alla disoccupazione". L'euro è stato costruito male? "Oltre alla libera circolazione delle merci e dei capitali, doveva garantire anche quella del lavoro che invece è rimasta lettera morta. Un lavoratore non può spostarsi, oltre alla lingua ci sono sistemi pensionistici diversi. In generale tutto il capitolo delle legislazioni da uniformare, anche fiscali, non è stato attuato".
Qual'è l'interesse dell'Italia? "Questa crisi è molto forte per l'Italia, su di essa incidono pesantemente cause interne. Negli anni Trenta ci fu una caduta del reddito per 4-5 anni, ora siamo arrivati al nono anno. Certo, ci sono gli effetti positivi dei tassi d'interesse quasi a zero. Però non se ne colgono appieno i benefici per gli investimenti produttivi se non ci sono prospettive di crescita. Anche i prezzi delle case sono quasi raddoppiati rispetto a prima della crisi. Era un'altra epoca storica, ma dalla Grande recessione si uscì, nel New deal, con il Pil che schizzava in America quasi del 10% all'anno, oggi da noi stiamo quasi a festeggiare se arriviamo all'1. Sento dire che dovremo attendere il 2024 per tornare ai livelli pre-crisi. È una follia. E ho già spiegato che attraverso l'austerità spesso il debito pubblico è fortemente aumentato in questi anni".
Dobbiamo uscire o no dall'euro? "Oggi uscire dall'euro - risponde Fazio - è difficile per un'economia debole, la svalutazione si accanirebbe. Ho letto che un consigliere della cancelliera Merkel (Roland Berger, ndr) ha detto che sarebbe meglio se fosse la Germania a uscire dall'euro. Credo che potrebbe essere una via d'uscita: si rivaluterebbe il marco e non si avrebbe più quell'avanzo tedesco della bilancia delle partite correnti che è insostenibile per il resto dell'Europa. E che, non reinvestito in termini reali, causa deflazione". Infine le banche. Antonio Fazio è stato artefice di una delle principali ristrutturazioni del sistema italiano: le fece passare da 1.100 a 700 e senza che un depositante ci rimettesse un euro.
Ora siamo nel pantano? "Di banche parlerò magari a tempo debito... Dico solo che sono un altro aspetto della crisi: le imprese vanno in difficoltà o addirittura falliscono, è naturale che aumentino le sofferenze e gli istituti ne risentano. La Vigilanza? Deve essere in primo luogo preventiva. Il fatto di dare così tanta evidenza a tutti i rapporti e stress-test sulle banche non mi pare una politica accorta. Le armi della Vigilanza sono sempre quelle: discrezione e moral suasion. Gli Usa hanno investito 3.200 miliardi di dollari per combattere la crisi e per mettere al sicuro il sistema del credito. Hanno recuperato tutti i soldi e il loro reddito ha già ripreso ad aumentare".