Palazzi & potere
Chi ha paura di John Lennon? Brevi note tra conflitti e religioni…
“Imagine there's no heaven…. No hell below us. Imagine there's no countries. Nothing to kill or die for... And no religion, too…. Imagine all the people living life in peace...” Era il 1971 quando John Lennon cantò per la prima volta “Imagine”, che sarebbe subito diventata il manifesto del pacifismo e di generazioni di giovani.
In un convegno tenuto non molto tempo fa nella mia Universita’ su “Islam e Violenza”, con relatori di diverse comunità religiose mussulmane, il rappresentante di una associazione di ispirazione cattolica ebbe apprezzabilmente a dire che non doveva esserci divisione tra le religioni e che esse erano dalla stessa parte contro il terrorismo. “Stiamo uniti, siamo una risorsa di pace” aggiunse con lo scontato compiacimento dei partecipanti “lottiamo insieme contro il nostro comune nemico…:” si avviò a concludere “la cultura laicista, quella dei senza dio, quella, per intenderci di John Lennon e la sua Imagine…” Le mie mani già predisposte all’applauso di rito si contrassero. Feci un sorriso di ironica sufficienza verso la mia vicina…”e se cambiasse pusher?” dissi, di colpo infastidito. Non mi sembrava una posizione meritevole di considerazione tanto risultava strampalata, enorme nella sua bestialità. Isolata… Isolata?
Certo, non è la posizione dei cantori dello “scontro di civiltà” (tra i quali non c’è Huntington, che voleva dire qualcosa di più complesso….). Tra di essi, pronti alla soluzione finale dell’annichilimento dell’avversario per sfamare la loro voglia di identità e di valori ci sono, ad esempio, Sallusti (Il Giornale) e Ali al Baghdadi. “Imagine” può essere il nemico di una destra intransigente e xenofoba (o di un Jahidista) nella misura in cui incarna valori che potrebbero indebolire la voglia di conflitto tra le “comunità”, non perché si oppone al dominio assoluto del “Divino”, che non è il cuore di queste posizioni, tutte impegnate a testimoniare, invece, la distinzione tra il “mio” divino ed il “tuo”. La superiorità di un divino sull’altro. Anzi, la bestemmia rappresentata dall’altro. In questo scontro, peraltro, l’Occidente reazionario brandisce la croce, ma non disdegna di vantarsi della civiltà liberale che nasce dai Lumi. Cristo e Voltaire.
Se questa interpretazione è verosimile, allora vuol dire che la nuova tendenza alla “unità delle religioni contro il laicismo” o il rischio che essa venga assunta, non vanno cercati nel tradizionale campo avverso al dialogo. Ma tra chi lo propugna. E questo crea un problema in più, anche perché in questa corsa utile, sacrosanta verso il dialogo, nella ricerca spasmodica di ciò che ci unisce, non tutti, anche in buona fede (è il caso di dire…), sanno evitare il rischio della costruzione di altri “muri”. Il meccanismo è comprensibile: se noi siamo “fratelli”, se nasciamo tutti da Abramo, il confine si sposta. Non è più tra di noi…sarà da qualche altra parte…ma non tra di noi!
Sono tra quelli che si sentono irresistibilmente attratti dal messaggio di Francesco. Ne leggo un infinito coraggio nel porre al centro il messaggio evangelico e la lotta contro le povertà. E’ anche il mio Papa. Nel suo linguaggio diretto, nel suo esprimersi fuori dei ritualismi, nei giorni scorsi ha protestato contro coloro che, di fronte ai drammatici attentati terroristici ormai quasi quotidiani, parlano di guerra di religione. “Quale guerra di religione!” (cito a memoria) “La religione non c’entra niente; è una guerra, si, ma di interessi…sono gli altri che fanno la guerra non le religioni”
Credo di essere d’accordo. Penso che Francesco volesse dire che le ragioni geo-strategiche all’origine dei conflitti odierni vadano ricercate in un complesso intrecciarsi di interessi legati al controllo delle risorse e dei loro prezzi; alla volontà di destabilizzare le aree di influenza dell’avversario di turno; all’affermarsi o meno di livelli adeguati di prestigio internazionale/regionale, al fine di avere più “potere”; ecc.
Non c’è guerra di civiltà (semmai “nelle civiltà”, come testimonia il fatto che la stragrande maggioranza di cadaveri fatti da DAESH è di religione mussulmana). Non c’è guerra di religione, nel senso che non sono le appartenenze a diversi riti che scatenano i conflitti.
Però…però sento che c’è un però.
Chi sono “gli altri” a cui si riferisce Francesco? Gli “establishment” di alcuni Paesi, credo voglia dire. Ma costoro non possono essere considerati estranei alle appartenenze religiose, né possiamo non sapere che al fine di motivare, radicare e rendere più violente le ragioni del conflitto, essi usino proprio il senso di appartenenza a comunità religiose… E lo sgozzatore di Raqqa non pensa ad indebolire l’Iran e suoi piani di espansione regionale mentre fa sgorgare il sangue dalla giugulare della sua vittima, ma a punire l’infedele. A lavare l’onta del crociato.
Se le religioni non si assumono anche il peso di pensare al modo in cui vengono vissute concretamente dai propri fedeli, al modo in cui essi ne assumono il messaggio e a “lavorarci su”, se necessario, il rischio di non fare i conti sino in fondo con la drammaticità dei conflitti è dietro l’angolo.
Così come potrebbe esserlo la falsa convinzione che chi crede ad un Dio possa/debba essere esente da voglia di violenza. Mentre gli altri….quelli della generazione di “Image”, i senza Dio, invece…..
You may say I'm a dreamer… But I'm not the only one
Maurizio Zandri
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