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Palazzi & potere
Il lavoro, l'Istat e i polli di Trilussa

È da un po' che i tecnici dell'Istat sembrano essere diventati degli studiosi di Trilussa: se io mangio due polli e tu nessuno, statisticamente ne abbiamo mangiato uno a testa. Infatti, i dati sull'andamento dell'occupazione nel nostro Paese sembrano costruiti con questa logica: si dice quello che fa piacere al Pd e al Governo, si tace il resto.

È sostanzialmente grazie a questa logica che, da qualche tempo, l'Istat sforna saldi positivi. Intendiamoci, niente di eclatante, roba da prefissi telefonici, ma quanto basta alla retorica renziana per dire: "ecco qui, il lavoro riparte". Magari le cose stessero davvero così, i primi ad essere contenti saremmo noi di Forza Italia che, con un presidente come Silvio Berlusconi, la voglia di un Paese migliore e più sano l'abbiamo nel dna. Del resto, non siamo solo noi a dirlo, ma anche la Bce, nel bollettino pubblicato oggi, è a dir poco cauta: il lieve calo della disoccupazione di questi mesi non è considerato significativo neppure dai tecnici europei innanzitutto perchè, dopo i picchi degli anni scorsi, non è certo in grado di invertire la rotta negativa. Provo a spiegare perché.

Ricorderete che il mantra del Jobs Act era stato quello di voler spazzare via i contratti a termine e quelli precari in favore di un allargamento dei contratti a tempo indeterminato, tagliando garanzia e diritti in nome del "libero mercato". Sto parlando del famoso "contratto a tutele crescenti", nel quale, peraltro, mentre sono chiare le tutele perse, non si riescono a vedere le tutele, men che mai crescenti. Oltretutto - per essere sicuro che la manovra riuscisse - Renzi si era pure preso l'"aiutino": gli incentivi per le sole assunzioni effettuate utilizzando il "suo" contratto. Un vero e proprio fiume di denaro, speso soltanto per dimostrare che il Jobs Act funzionava: 10 miliardi di euro, di cui 3 letteralmente scippati al Sud (fondi del piano azione coesione sottratti alla loro destinazione naturale).

Ebbene, se qualcuno si prende la briga di scomporre i numeri di questi giorni dell'Istat, scoprirà che - all'aumento degli occupati dello 0,.. - corrisponde una riduzione (notevole) proprio dei contratti a tutele crescenti! Insomma, nel nostro mercato del lavoro a crescere sono solo i contratti a termine e quelli precari. E deve ancora scadere il triennio di agevolazioni, al termine del quale, chi ha assunto nel 2015, potrà liberamente licenziare: a questo proposito, basta chiedere un poco in giro per scoprire che l'anno prossimo, purtroppo, ci aspetta una Waterloo del lavoro a tempo indeterminato. E non finisce qui, come avrebbero detto nelle trasmissioni televisive di una volta. I numeri ISTAT sono drogati anche da una regoletta recentemente introdotta nel calcolare i dati: ora, nel conto degli occupati, si inserisce anche chiunque abbia un rapporto di lavoro, foss'anche di una sola ora alla settimana. All'anima della lotta alla precarietà. Se ancora non bastasse, segnalo un altro dato sapientemente oscurato, quello del Sud. Nel Mezzogiorno non c'è proprio spazio per nessuna magia dei tecnici: come si gira e come si volta la frittata, a crescere è solo il numero dei disoccupati. Esattamente come accade per i giovani, altri "dimenticati" dall'Istat. Insomma, le cose non stanno come vorrebbe il Pd ed il governo e sopratutto è tempo di mettere seriamente mano alla questione lavoro, stavolta per creare occupati, non per fare ammuina. Anche di questo se ne è parlato a Fiuggi nell'ambito della tre giorni di studio e di programma organizzata dal Presidente Tajani e che ha visto l'intervento del presidente Silvio Berlusconi.

Severino Nappi

Responsabile del Dipartimento Nazionale Politiche del Sud di Forza Italia

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