Palazzi & potere

Il miraggio delle libertà economiche in Italia e la riforma (mancata)

L'Italia a differenza degli Stati Uniti non è mai stato un paese a trazione liberista.
Qui da noi le libertà economiche sono state compresse, così come registrano i principali osservatori internazionali che ci relegano agli ultimi posti in classifica. Siamo in ultima fila anche per la spesa pubblica, debito pubblico, corruzione, burocrazia.
Insomma l'Italia non permette ai propri cittadini di essere liberi economicamente.
 
Noi non abbiamo mai avuto un Reagan per restare negli Stati Uniti, o una Thatcher per passare nel Regno Unito, a capo del governo, nè una repubblica presidenziale. Eppure siamo riusciti a coniare parole come "mercatismo" o "turboliberismo", per disprezzare o deridere ció che non abbiamo nemmeno sperimentato in forma minima.
Abbiamo avuto, invece, una progressiva incrostazione del sistema statalista, che si è tradotto in una deformazione culturale anti-impresa e anti-contribuenti.
In Italia, per avere davvero successo nel business ti dovevi e ti devi in qualche modo collegare ed accreditare in qualche circuito di potere: bancario, politico. Dovevi e devi, cioè, far parte di un "mondo" con ramificazioni stabili nel sistema statale. In Italia per vivere bene devi avere qualche "santo in paradiso".
Un'impostazione politica e culturale diametralmente opposta a quella dei paesi anglosassoni, in particolare dell'America, dove, almeno in linea di principio la meritocrazia è un "must". Se vuoi emergere ed hai il coraggio di rischiare sei considerato una risorsa preziosa, un'icona, sei il sogno americano, direi l'esempio da mostrare ai giovani. Avere successo negli USA è un diritto, qui una colpa.
 
Ecco perché da noi, anziché stare a guardare l'ascesa di Trump a bocca aperta e cimentarsi nelle tifoserie, bisogna modificare la parte economica della Costituzione. I mali del paese vanno presi e colpiti alla radice. E questi sono in particolare gli artt. 41 e seguenti, riguardanti la proprietà privata, l'iniziativa economica, la concorrenza, il risparmio; il 53, concernente la capacità contributiva. E infine l'art. 81. La sua modifica del 2012, introduttiva del principio di equilibrio di bilancio, è sacrosanta, e semmai bisognerebbe essere molto più vigili sul suo rispetto e la sua attuazione. Ma l'art. 81 deve essere urgentemente perfezionato. L'equilibrio di bilancio non può essere ottenuto al prezzo di scotennare i cittadini con una pressione fiscale rapace. Anche a quest'aspetto, come al deficit, deve essere posto un tetto massimo invalicabile.
 

Andrea Bernaudo