ITALICUM - cronaca di un sistema elettorale balordo
In Italia, si sa, i referendum non vengono rispettati. I cittadini, il popolo non conta nulla se la sua volontà cozza con quella del sistema dei partiti e delle altre caste di stato e parastato.
Lo abbiamo visto molte volte dall'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, alla responsabilità civile dei magistrati, all'abolizione della trattenuta automatica per il sindacato ecc. ecc.
Non immuni alla tagliola dei partiti i referendum sul sistema elettorale. Gli italiani hanno votato nel 1993 per eliminare preferenze e sistema proporzionale e per una riforma ispirata al sistema elettorale americano uninominale su collegi piccoli. Dopo vent'anni di cambiamenti, sempre in peggio, il sistema dei partiti è, invece, passato dal mattarellum, al porcellum per arrivare all'Italicum, cioè un sistema elettorale che è un mix tra il porcellum con le liste bloccate e il sistema proporzionale con le preferenze, con l'aggiunta di un premio di maggioranza abnorme e la previsione del ballottaggio.
Ma come mai il sistema elettorale torna ad essere d'attualità?
Ironia della sorte, l'evergreen torna di moda proprio nei giorni in cui l'Italicum, approvato definitivamente oltre un anno fa, entra in vigore. Si torna a discutere della necessità, dell'opportunità (per chi?) di cambiarlo. È evidente che le ultime elezioni amministrative e la batosta presa dal Pd abbiano riaperto i giochi.
Lasciamo qui da parte (se ne occupano le cronache di questi giorni) le alchimie e i bilancini di equilibrismo parlamentare da usare per apportare modifiche oltre tempo massimo e i correttivi che hanno maggiori chances in base alla combinazione degli interessi in campo.
Il punto è che, nel momento in cui fu ideato l'Italicum erano più che maturi, anzi erano quasi marci, i tempi per aver chiaro dove un meccanismo di quel tipo avrebbe potuto condurre. Questi tempi erano già maturati nella primavera del 2012, quando i 5stelle, con Pizzarotti, vinsero a sorpresa le elezioni comunali di Parma, riportando in ballottaggio su di sé la quasi totalità dei voti di centro-destra esclusi al primo turno. Lo stesso fenomeno si è ripetuto, da quel momento in poi, in quasi qualsiasi città, piccola, media o grande, in cui si sia votato con il sistema del ballottaggio e in cui un candidato grillino sia stato in lizza, non importa con chi. E perché mai, al punto in cui siamo arrivati, non dovrebbe accadere lo stesso fatto alle prossime elezioni politiche in caso di ballottaggio con il Movimento di Grillo?
Cosa è stato allora a suggerire l'imprudenza di fare proprie per le elezioni politiche nazionali un meccanismo di quel tipo? E' semplice, il trionfo di Renzi alle elezioni europee del 2014, con quasi il 41% dei voti.
Sappiamo sull'onda di quali misure socio-economiche il premier confuse un istante di gloria con l'eternità dei tempi e si convinse, forte della sua iattanza, di avere in sé una forza quasi invincibile. Escogitò quello che fu battezzato con il nome di Italicum, cioè un sistema elettorale che, da un lato, gli avrebbe garantito una chiara maggioranza al momento di ripetere per il Parlamento nazionale la stessa marcia trionfale delle europee, e dall'altro avrebbe fatto finta di attuare, sostanzialmente aggirandola, gran parte della sentenza della Corte costituzionale, n. 1/2014, sul precedente sistema elettorale.
L'Italicum riproduce in gran parte il meccanismo della legge precedente, quella nota con l'orrendo appellativo di "Porcellum". Lo fa in sostanza per il fatto di essere un sistema di lista, con cui gli elettori votano per un elenco di candidati, elenco che torna a esaltare la figura del partito a scapito di quella del candidato, della personalità e del suo rapporto con il territorio e con gli elettori stessi, i quali si son visti sottrarre il collegio uninominale che era stato introdotto, a furor di popolo, fin dal referendum del 1993. Perché questo fu fatto, fin dal 2005? Per un solo motivo: perché Berlusconi - dopo aver parlato, anni addietro, di "religione del maggioritario" - si era convinto che l'elettorato di riferimento della sua area fosse più capriccioso e indisciplinato di quello avversario, e che dunque, nei singoli collegi, fosse meno disposto ad accettare un candidato di altro partito nello stesso schieramento rispetto a quanto avveniva nel centro-sinistra. Ecco perché si doveva a tutti i costi escogitare la quadratura del cerchio e cioè un sistema che coniugasse l'individuazione automatica di una maggioranza con l'esaltazione della visibilità dei partiti (ormai morti), la riesumazione della partitocrazia e tutto quel che ne consegue. Tutto questo nonostante il Mattarellum - quel vecchio meccanismo - avesse garantito a Berlusconi il trionfo elettorale in due competizioni su tre in cui esso fu utilizzato.
E' da qui che nasce il compromesso sull'Italicum. Esso è legato al patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, in cui quest'ultimo si è risolutamente opposto ad ogni ipotesi di ripristino del collegio uninominale. Si trattava di un compromesso necessario in cambio dell'accordo da raggiungere sulla riforma costituzionale. Venuto a mancare quello, ci si sarebbe dovuti sentire più liberi di agire sul piano del sistema elettorale, magari riavvicinandosi al rispetto dell'esito referendario, mai smentito e invece no!
Invece si è insistito sull'astruso e complicatissimo meccanismo 'majority-assuring' di lista, che deve assicurare una maggioranza a tutti i costi, anche in presenza di percentuali irrisorie di voto, ciò che i sistemi maggioritari uninominali non hanno mai preteso di fare. Lo diciamo a Roberto D'Alimonte, che nel suo articolo del 1 luglio su Il Sole 24 Ore ("Perché il collegio uninominale non assicura la governabilità") prosegue nel mantra della governabilità a tutti i costi, che intanto sarebbe data da quel sistema che pietrifica le attuali formazioni politiche in campo, un'offerta politica del tutto insoddisfacente e inadeguata ai bisogni attuali del paese, invece di rivoluzionarle, come sarebbe necessario. E che fornisce elementi ingannevoli a sostegno delle sue preferenze, soprattutto per un aspetto: dove afferma che la disproporzionalità - cioè la differenza tra voti e seggi - sarebbe molto piccola con l'Italicum mentre potrebbe essere piccola ma anche enorme in un sistema basato sui collegi. Questa operazione propagandistica muove da un assunto che viene occultato dai suoi sostenitori: quello per cui la differenza voti-seggi, con l'Italicum, andrebbe calcolata nel rapporto voti seggi al ballottaggio appunto, quando sono rimasti in campo forzatamente solo due, mentre nei sistemi basati su collegi uninominali maggioritari anche a due turni, come sempre si è fatto, andrebbe (correttamente) applicata tra seggi conseguiti al secondo turno e voti ottenuti al primo. Se si applica questo schema a entrambi i casi, com'è decisamente più corretto e intellettualmente onesto fare, si riconoscerà che le potenzialità dis-proporzionali dell'Italicum sono assai più ampie dei maggioritari, proprio per il fatto che questo sistema pretende di assegnare comunque una maggioranza (54% circa di seggi) a una formazione che al primo turno potrebbe aver ottenuto la metà di voti o anche meno, ciò che più difficilmente avverrebbe con i collegi.
Bisogna scegliere: non si può da un lato rimproverare ai collegi uninominali - come pure si è fatto nell'articolo - la possibilità che non identifichino una chiara maggioranza, rinviando ad ampie coalizioni, e dall'altro imputare agli stessi sistemi di essere super-disproporzionali (cosa che sono meno dell'Italicum, come si è dimostrato). Senza contare che un conto è un ballottaggio in un collegio uninominale (conosciuto in diversi paesi al mondo), e altra cosa un ballottaggio di lista rigido, a livello nazionale, come nel sistema approvato (un unicum tutto italiano), con cui gli elettori di uno specifico territorio sarebbero chiamati a scegliere tra le due liste più votate a livello nazionale, che per ipotesi, in quel territorio potrebbero essere la prima e la terza, o in ipotesi persino la seconda e la terza. Dove finisce in questo caso il rispetto per la volontà popolare e per il radicamento territoriale degli eletti?
Andrea Bernaudo
*Presidente SOS partita IVA