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Palazzi & potere
Le novità su separazione e divorzio. Intervista ad Andrea Catizone

“E’ facile dire… divorzio!”: è questo il titolo scelto dagli organizzatori di Salotto Sarzana, kermesse culturale organizzata da SPIN (team di comunicazione strategica attivo tra Roma e Milano) in corso questo fine settimana nell’omonima città ligure, per l’intervista alla matrimonialista Andrea Catizone, tra i massimi esperti di diritto di famiglia. Sollecitata da Federica Fantozzi, la professoressa Catizone farà il punto delle tante novità emerse nel corso del 2017 nel campo del diritto di famiglia, a partire dalla sentenza adottata nel giugno scorso dalla Cassazione in tema di divorzio, da molti ritenuta rivoluzionaria.

Affari Italiani ha avuto modo di intervistare la professoressa Catizone a poche ore dall’inizio della kermesse, che vedrà la partecipazione di tanti altri ospiti d’eccezione (da Tommaso Cerno a Massimo Bubola, da Federica De Sanctis ad Angelo De Mattia, da Antonio Patrono a Marco Montorsi, da Corrado Clini a Mikaela Calcagno).

 

Professoressa Catizone, la sentenza n. 11505 della Cassazione ha rivoluzionato il diritto di famiglia? Quali sono le principali novità introdotte?

La sentenza della prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha modificato il parametro relativo al diritto all’assegno divorzile spettante al coniuge economicamente più debole. Si badi bene, il parametro, non i criteri di determinazione dello stesso che restano invariati. L’orientamento prevalente e consolidato è stato, per anni, la necessità di assicurare al coniuge economicamente più debole “lo stesso tenore di vita” goduto in costanza di matrimonio. Con la sentenza indicata, pur provenendo da una Sezione semplice senza l’effetto indiscusso di una decisione a Sezioni Unite, si fa un’inversione di rotta. I giudici hanno infatti stabilito che essendo la moglie autonoma economicamente non ci fosse alcuna ragione per riconoscere alla stessa il diritto all’assegno divorzile, il cui scopo non può più essere quello di assicurare il tenore di vita matrimoniale in un momento in cui questo legame familiare tra marito e moglie è definitivamente sciolto per la legge italiana.

A sostegno della decisione i giudici hanno affermato che poiché il divorzio comporta l’estinzione definitiva del rapporto matrimoniale e dei doveri che dallo stesso scaturiscono, la conseguenza logica è che non ha fondamento giuridico l’ultrattività delle condizioni matrimoniali seppur di carattere patrimoniale.  Il rapporto tra quelle due persone si chiude, anche per il diritto, nel momento in cui viene emessa la sentenza di divorzio.

 

Si tratta di una sentenza a favore delle donne o no?

La negazione del diritto all’assegno divorzile, nella sua lettura divisiva, ha visto nello stesso momento posizioni che ne affermavano la tutela piena della donna, finalmente liberata dal predominio maschile nella gestione economica della sua vita, e al tempo stesso posizioni di chi vi ha intravisto una lesione di tutti i diritti della moglie, soprattutto rivolta al passato, la quale aveva riposto nel matrimonio la propria realizzazione anche rinunciando ad una  sua personale affermazione lavorativa.

Penso che occorra spingere la speculazione intellettuale oltre affascinanti posizioni ideologiche che ne snaturano l’autenticità e verificare, di volta in volta, quale sia stato il ruolo effettivo della donna nel matrimonio e della donna nella società e ripensare, forse, in chiave egualitaria le due posizioni.

 

Alcuni giorni dopo la decisione della Cassazione, i media hanno dato la notizia della decisione – apparentemente contraddittoria con la Suprema Corte – relativa alla separazione tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Come stanno veramente le cose?

In quest’ultimo caso i giudici hanno confermato il mantenimento multimilionario per la signora Lario nella giusta considerazione che la separazione, essendo una fase diversa da quella divorzile, non comporta il definitivo scioglimento del vincolo coniugale e, pertanto, si ritiene fondata, anche in punto di diritto, la previsione di preservare le stesse condizioni di vita avute nel corso del matrimonio.

La comparazione tra queste decisioni, che pur riguardano momenti diversi della fase patologica del matrimonio, sono tuttavia il sintomo di trasformazioni avvenute nel tessuto sociale e culturale del Paese.

 

Ecco, appunto: è indubbio che l’istituto della famiglia abbia conosciuto trasformazioni profondissime nel corso degli ultimi decenni (si pensi alle unioni civili). In che modo queste trasformazioni sono state recepite dal mondo del diritto?

La famiglia e il matrimonio sono due istituzioni in costante mutamento. Come giustamente sostenuto da Paul Ginsborg (Famiglia Novecento) “le famiglie non sono semplicemente delle istituzioni passive, destinatarie delle azioni del potere politico, bensì a loro volta protagoniste del processo storico”. Questa metamorfosi che si produce in seno alla società si manifesta in continue rivendicazioni al mondo giuridico affinché riconosca ed assuma una serie di azioni che ne attestino i cambiamenti. La famiglia poi, come Società Naturale, conosce varie fasi che partono dalla sua concezione, la formazione, lo svolgimento e talvolta anche lo scioglimento in conseguenza del quale si possono generare da un unico ceppo una serie di altre famiglie che conservano, laddove vi siano dei figli, dei legami inscindibili con quella primigenia. Anche le singole fasi della vita di una famiglia sono soggette al mutamento dei costumi e dell’evoluzione culturale dei popoli e il passaggio da una chiara e netta suddivisione dei ruoli si è giunti, oggi, ad una quasi piena intercambiabilità delle figure adulte di riferimento dentro la famiglia stessa:  i padri di oggi, ad esempio, agiscono in modo del tutto dissimile e anche inconcepibile rispetto ai nostri padri e la differenza sarà ancora più marcata rispetto ai nostri figli.

 

Come affronterà queste tematiche, tanto impegnative quanto attuali, a Salotto Sarzana?

Nel corso del mio intervento mi concentrerò su alcuni interrogativi fondamentali. Ad esempio: possiamo concepire il matrimonio come uno strumento capace di rispondere ai bisogni affettivi tra le persone, liberandolo dalle pressioni economiche che esso comporta, oppure è giusto che il diritto non si occupi di amore e legami affettivi, ma solo di aspetti patrimoniali? E ancora: la donna è penalizzata da una società che le domanda di essere molto presente nella conduzione della propria famiglia, in quella di origine e contestualmente di lavorare? Se sì, quali sono le misure che potremmo adottare per superare queste disparità di genere?

 

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