Palazzi & potere

Marino e Cota: assoluzioni che fanno rumore

Ma che lasciano il tempo che trovano.


 
Molto risalto hanno avuto le assoluzioni dell’ex Sindaco di Roma Marino e dell’ex Presidente della Regione Piemonte Cota. Vien da chiedersi: è colpa della magistratura, dei media, dei politici o è semplicemente il sistema che funziona con il PM che formula l’accusa e il giudice che la verifica e se del caso assolve?
Che il sistema funzioni non può proprio dirsi. Troppo spesso, e con dovute eccezioni che meriterebbero una valutazione in termini di accelerazione di carriera, pubblici ministeri in cerca di notorietà utilizzano elementi a loro disposizione senza il dovuto approfondimento con la formulazione d’improbabili capi d’imputazione. L’effetto delle loro iniziative è immediato e il controllo del giudice segue dopo anni. Chi vivrà vedrà. Nel caso Marino ha fatto paradossalmente scalpore la rapidità dell’assoluzione dopo “solo” undici mesi.
A ciò si aggiunge che non ci sono vere garanzie. Il gip, che dovrebbe controllare gli atti del PM, spesso è in soggezione verso la Procura e i suoi strumenti. Il CSM rispecchia le correnti della magistratura e i “patti” interni. Occorrerebbe un organo di valutazione “terzo” e libero da vincoli esterni ma anche interni alle correnti.
L’avviso di garanzia non realizza il suo scopo. Si può essere indagati per anni senza saperlo: l’avviso è imposto solo quando il PM compie atti per i quali è obbligatoria la presenza del difensore. Neppure la richiesta delle iscrizioni nel registro delle notizie di reato, il cosiddetto 335 c.p.p., assicura il risultato, perché il PM può disporre discrezionalmente che non vi si scriva nulla.
Se poi l'avviso di garanzia arriva, esso è considerato equivalente a una condanna, in barba alla Costituzione. I giornali danno grande enfasi alla notizia, i politici avversari la cavalcano, chiedono dimissioni immediate.
Ma anche l’atteggiamento dei politici è sconsiderato. Sorprende che politici di vario colore si lamentino del trattamento ricevuto da magistratura e giornali dopo che essi stessi o i loro partiti hanno usato notizie di “inchieste” per reclamare la testa dell’avversario di turno. Sono gli stessi politici che non hanno saputo difendere la dignità della funzione e che anzi, per opportunismo o viltà, usano gli avvisi giudiziari a danno dell’avversario politico, così incrementando le distorsioni della giustizia. Vien quasi da dire chi la fa, l’aspetti. Certo non sono in grado di riformare la Giustizia.
Per non dire poi della doppia morale Acutamente osserva Carlo Nordio (Il Messaggero dell’8 ottobre) che il caso dell’assessore Muraro, che resta nella Giunta Raggi a Roma, nonostante l’inchiesta a suo carico, potrebbe costituire un’inversione di tendenza. Ma il sospetto è che la scelta non segni un cambio di atteggiamento e si riferisca solo alla propria parte politica
Il problema non si risolve certo con la censura dei media. Ciò che serve è la riforma seria della Giustizia e che la Politica riassuma primato e dignità.


 

Carlo Malinconico
*già presidente di sezione del Consiglio di Stato, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e presidente FIEG