Palazzi & potere

RAI: LAGANA' AL CDA, 'LEGGE CANONE INCOSTITUZIONALE'

RAI: LAGANA' AL CDA, 'LEGGE CANONE INCOSTITUZIONALE'

L'uso del canone stabilito dalla Legge di Stabilità 2016 appare "incoerente con il quadro costituzionale e con la struttura e la funzione del servizio pubblico radiotelevisivo. Ciò impone all'intero consiglio di amministrazione della Rai spa ed a ciascuno dei suoi componenti, nell'ambito delle proprie funzioni, di tenere una condotta atta a preservare gli interessi della società concessionaria, evitando che ad essa possa essere recato pregiudizio in applicazione di una disciplina sospetta di incostituzionalità". E' quanto si legge nel parere legale che il consigliere Rai Riccardo Laganà ha illustrato al Cda di Viale Mazzini. Un parere a seguito del quale Laganà chiede di fatto al consiglio di fare ricorso per evitare che possa configurarsi il rischio di danno erariale. "In difetto - si legge, infatti, nel parere, considerando cioè l'ipotesi che non si dia seguito ad alcuna azione a protezione della Rai - quello recato al patrimonio sociale dai componenti del consiglio di amministrazione, in ragione di proprie condotte attive od omissive, dovrebbe qualificarsi quale danno erariale, ferma restando la responsabilità verso la società". 

Ecco, quindi, che "i proventi del canone dovrebbero essere destinati ad attività direttamente imputabili, nella logica del servizio pubblico, alla società concessionaria". Alla luce di ciò l'innalzamento delle soglie reddituali di esenzione dall'obbligo di pagamento del canone "con un certo sforzo si potrebbe considerare coerente con tale vincolo di scopo, rispetto al quadro costituzionale"; "maggiori perplessità solleva" poi il finanziamento del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, considerato che "si perde radicalmente la connessione con il servizio pubblico radiotelevisivo, pur se permane la finalità di promozione della cultura e dell'informazione". Mentre "dubbi più radicali investono la terza modalità di impiego delle risorse ricavate dalla riscossione del canone" e cioè il finanziamento del Fondo per la riduzione della pressione fiscale perché in questo caso "si perde ogni rapporto con l'organizzazione del sistema radiotelevisivo e con le finalità di tutela e promozione dell'informazione e del pluralismo che sono poste a sostegno dell'istituzione del canone di abbonamento quale imposta di scopo". 

Non solo. "Privare di sostanze la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo rischia", secondo il parare stilato dall'avvocato Principato, "di compromettere l'adempimento degli obblighi di servizio con conseguente induzione all'inadempimento del relativo contratto. La gravità dell'assunto - si legge - si coglie ancora di più esaminando la determinazione della Corte dei Conti del 16 luglio scorso n.89 (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla Gestione finanziaria della Rai) relativa all'esercizio del 2017 nella quale si legge che 'le risorse da canone integralmente imputate al servizio pubblico specifico non sono sufficienti a pareggiare i costi sostenuti dalla concessionaria per l'assolvimento dei compiti di servizio pubblico. Emerge un disavanzo di 106 milioni di euro, quale differenza tra ricavi complessivi pari a 1.855,3 milioni e costi diretti e indiretti (transfer charge) ammontanti a 1.961,3 milioni".

"E' di tutta evidenza - si sottolinea nel parere - che l'impiego delle risorse derivanti dal gettito del canone Rai per finalità eccentriche rispetto all'adempimento degli obblighi di servizio è tanto più grave (oltre che incostituzionale) quanto più tali risorse siano insufficienti per la realizzazione degli interessi pubblici sottesi al sistema radiotelevisivo. Insufficienza questa comprovata dallo stanziamento di un contributo pubblico straordinario di 40 milioni annui per gli esercizi 2019 e 2020, finalizzato proprio ad assicurare l'adempimento degli obblighi di servizio da parte della Rai". "La circostanza è, del resto, ben nota anche al management della società concessionaria: in sede di audizione dinanzi alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi - si legge infine nel parere - il 15 novembre 2018 l'amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini ha riconosciuto che la sottrazione del 50% del cosiddetto extragettito alla società concessionaria 'oltre a portare strutturalmente in negativo il segno del conto economico, rende critico il reperimento delle risorse necessarie alla copertura dei costi dei progetti previsti dal contratto di servizio. L'impatto del 50% dell'extragettito e, infatti, valutabile per Rai in un calo delle risorse di circa 93 milioni di euro, tenuto conto del previgente quadro normativo che attribuiva alla Rai l'intero extragettito. Tale nuovo contesto rende, ovviamente, molto complesso per la Rai mettere in atto le trasformazioni verso i nuovi scenari".