Palazzi & potere

Terrorismo: parla il Generale Tricarico

Dunque ancora in Francia, dunque ancora un bersaglio indifeso, gente
comune colpevole di nulla se non di appartenere ad una società
apostata.
Come difendersi? Non certo con l'attivazione di unità di crisi, con
provvedimentI vari di protezione, con il rafforzamento delle difese
sui bersagli sensibili, che poi a ben guardare sensibili non sono.
E poi sensibilità a fronte di cosa? Se ormai tra i fatti assodati c'è
quello che la fantasia stragista supera abbondantemente la capacità di ideazione delle difese, come si può valutare cosa è sensibile, dove cioè colpiranno la prossima volta?
Allora, come nel gioco dell'oca, si torna alla partenza, nel nostro
caso alle attività di prevenzione; può sembrare banale ma sono le
uniche che funzionano, ammesso che le si sappia organizzare.
Pur nella peculiarità di ogni paese, e la Francia ne ha parecchie a
sfavore, taluni provvedimenti preventivi non hanno territorialità,
possono costituire terreno di ricerca comune prima, e condivisione operativa poi.
La metodologia ad esempio: ha funzionato quella statunitense che,
attraverso la devastazione della privacy di ampie comunità nazionali e di altri paesi, anche amici, ha cercato di tracciare via web la
provenienza della minaccia alla sicurezza nazionale?
Non pare che siano stati conseguiti risultati importanti, salvo quello
collaterale dell'irritazione di paesi amici, caduti non si sa quanto
involontariamente nella rete di ricerca a stelle e strisce.
La humint invece, quella capacità di raccogliere informazioni mediante
l'interlocuzione con persone in carne ed ossa senza l'intermediazione
della tecnologia, pare un filone poco sfruttato cui fare maggiore
ricorso. In fin dei conti, non si perde occasione per additare le
comunità mussulmane come poco collaborative, e non si comprende che solo attraverso il loro coinvolgimento non pubblico potrebbero essere
una risorsa poderosa per avere le informazioni che servono. È fatica
sprecata sollecitarli a scendere in piazza con striscioni, vanno
avvicinati in maniera riservata, con i metodi dei servizi, ed
incardinati alla causa antiterrorismo senza che ci mettano pubblicamente la faccia, sempre che non sia la loro pubblica abiura e denuncia quello che ci interessa, una stupida pretesa che è meglio lasciare a qualche partito politico per la sua miserabile propaganda.
E ancora: non è venuto forse il momento di collaborare, deponendo presunzione di grandeur o supponenze varie fondate su storia, cultura o capacità complessive di sistema?
In altre parole, se il nostro paese non brilla in molte delle
classifiche in cui sistematicamente si esibiscono agenzie di rating o
centri studi, solo per questo non ha nulla da insegnare nelle attività
di prevenzione del terrorismo, e nell'organizzazione per dare ad esse concretezza?
E ancora, l'intelligence. Cosa altro deve succedere per far cadere le
resistenze alla circolazione delle informazioni, per aiutare l'amico
in difficoltà non solo a parole e con retoriche ed enfatiche
espressioni di solidarietà, quanto con il supporto operativo nella
lotta comune, intelligence in primis?
Questi sono alcuni capitoli da approfondire se si vuole guardare
avanti nella stessa direzione, se si vogliono irrobustire le difese
dei nostri tessuti sociali in quei comparti in cui presentino
caratteristiche comuni.
 

Gen. Leonardo Tricarico
*ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, già Consigliere Militare del
Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004) e attuale Presidente della Fondazione Icsa