Politica
Pd, nasce i Riformisti. Addio Renzi. Entrano Bonaccini, Delrio, Nardella...
E' netta maggioranza nei gruppi parlamentari. Inside
PD, FRANCESCHINI CON AREA DEM RESTA NELL'OMBRA, SOGNANDO IL QUIRINALE (SEMPRE PIU' LONTANO)
Nasce una nuova, grande, corrente nel Partito Democratico. Ad annunciare la svolta è Enrico Borghi, esponente di spicco di Base Riformista. Si tratta del passaggio finale che chiude ogni rapporto con l'ex segretario ed ex premier Matteo Renzi, e infatti il renzianissimo ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci dovrebbe restare fuori dalla "nuova e comune area riformista", per usare le parole del responsabile difesa e sicurezza del Pd. "Siamo di fronte alla sfida decisiva nei confronti dei sovranisti. Sarà il terreno di scontro delle Politiche del 2023. E il Quirinale è uno snodo di questo passaggio". Su cui Borghi avverte: "Niente fughe in avanti sul Colle, i nomi li farà Letta". Il punto chiave è l'allargamento di quello che era Base Riformista a big del calibro di Graziano Delrio e Debora Serracchiani oltre a due tra i principali amministratori locali Dem: Stefano Bonaccini e Dario Nardella.
Non si tratta, almeno per il momento, di un'operazione contro il segretario, ma "per puntellare Letta", spiega una fonte direttamente al centro dei giochi. E' evidente, però, che i Riformisti saranno nettamente maggioranza all'interno dei gruppi parlamentari e, necessariamente, Letta non potrà non tenerne conto. A partire dalla partita del Quirinale e dal rapporto, di alleanza sì ma non strettissima, con i 5 Stelle e con Giuseppe Conte. In prospettiva, poi, laddove ci fossero 'problemi' su segretario, a causa di eventuali sconfitte elettorali o politiche, la carta da giocare sarebbe quella di Bonaccini. Ma non è il tema di oggi, si vedrà, in prospettiva. Forse. I Riformisti, oltre a tagliare ogni legame con il passato renziano, serve anche a bilanciare la sinistra Dem rappresentata dal vice-segretario Peppe Provenzano. Resta dunque isolata Area Dem, la corrente che fa capo a Dario Franceschini. Il ministro della Cultura, che ancora spera di diventare presidente della Repubblica (anche se le sue possibilità sono sempre meno), preferisce restare in disparte senza schierarsi nella geografia del Nazareno, proprio per non bruciarsi quelle pochissime chance rimaste di salire sul Colle più alto di Roma.