Politica
Pd, Schlein isolata. Il piano per portare Gentiloni premier con Conte, Forza Italia, centristi e un pezzo di Lega
Il dietro le quinte in casa Dem. Decisiva la legge elettorale
Franceschini è molto paziente e attende che Meloni si bruci nel gioco quasi impossibile del dualismo Bruxelles-Washington, ovvero Donald Trump-Ursula von der Leyen, per poi rilanciare un sistema proporzionale che possa portare il Pd di nuovo al potere
Elly Schlein sempre più isolata all'interno del Partito Democratico. Al di là delle dichiarazioni roboanti e delle interviste sui giornaloni 'amici' come Repubblica contro la premier Giorgia Meloni ("La destra non si insegue, si batte"), la segretaria Dem è sempre più chiusa in sé stessa con il suo sempre più ristretto inner circle di un manipolo di fedelissimi.
Agli occhi dell'opinione pubblica che guarda con un occhio i tg e un altro alla pasta sul fuoco che non vada oltre la cottura sfugge ciò che sta realmente accadendo all'interno del Nazareno, ovvero nel dietro le quinte della principale forza politica di opposizione. Sembrerebbe, vista così, una questione banale e secondaria, ma quella della legge elettorale è invece un punto chiave. Anzi, è la cartina di tornasole delle profonde spaccature all'interno del Pd.
Dario Franceschini, con la sua proposta super-proporzionale, si è fatto promotore di una campagna che ha fatto breccia in moltissime anime dei Dem, come si è visto nei recenti convegni dei liberal del partito a Orvieto e dei cattolici a Milano. Una parte maggioritaria e sostanziosa del Partito Democratico non ritiene Schlein in grado di guidare la coalizione o l'eventuale cosiddetto campo largo e quindi puntare a Palazzo Chigi e alla guida del governo.
Oltre a Franceschini, parliamo di big del calibro di Pierluigi Castagnetti, Graziano Delrio, Lorenzo Guerini e anche del padre nobile dell'Ulivo Romano Prodi. Tutti coalizzati attorno al nome di Paolo Gentiloni, ex commissario europeo che in tanti nel Pd ritengono essere l'unico in grado di poter riportare i Dem al potere. Ma per arrivare a questo obiettivo serve una legge elettorale proporzionale e che soprattutto non abbia un premio di maggioranza e che, come in Germania, lasci alle trattative tra i partiti dopo la chiusura dei seggi la formazione del nuovo esecutivo.
Ufficialmente Forza Italia si dichiara fedele al Centrodestra e a Meloni, ma dietro le quinte i moderati del Pd assicurano di essere in contatto con parti importanti del partito di Antonio Tajani, e perfino anche con una fetta della Lega vicina a Giancarlo Giorgetti, per poter spingere il più possibile verso una legge elettorale non maggioritaria e che quindi favorisca le alleanze e le intese dopo il voto. E' chiaro che il sistema attuale va benissimo a Schlein, il Pd è nettamente il primo partito dell'eventuale coalizione di Centrosinistra e lei, di conseguenza, la candidata naturale a guidare il governo.
Ma questo non va assolutamente bene alla maggioranza dei dirigenti Dem, soprattutto ma non solo ex Margherita. E quindi ecco l'amo del proporzionale lanciato da Franceschini - tanto c'è tempo e il premierato lo danno ormai tutti per morto e sepolto - in attesa che i temi maturino per far convergere altre forze. E non solo nel Centrodestra perché, ad esempio, anche Giuseppe Conte avrebbe un grande vantaggio con un sistema non maggioritario.
Andando da solo potrebbe fare una campagna più identitaria e prendere più voti, soprattutto al Sud (vedi ex reddito di cittadinanza) e poi dopo il voto potrebbe trattare il suo stimabile 10-12% per qualche ministero di peso. Insomma, all'interno del Pd - rigorosamente a microfono spento e dietro le quinte - si consuma una lotta di potere, anche perché la sinistra interna del partito - da Andrea Orlando a Roberto Speranza - dopo aver appoggiato Schlein alle primarie è stata di fatto abbandonata e lasciata senza ruoli chiave dalla segretaria.
E quindi la lunga e logorante resa dei conti è appena iniziata. Franceschini è molto paziente e attende che Meloni si bruci nel gioco quasi impossibile del dualismo Bruxelles-Washington, ovvero Donald Trump-Ursula von der Leyen, per poi rilanciare un sistema proporzionale che possa portare il Pd di nuovo al potere. Ma non certo con Schlein a Palazzo Chigi e magari con una sorta di grande coalizione che comprenda Forza Italia, l'ala moderata della Lega, i 5 Stelle di Conte e ovviamente Azione e Italia Viva di Calenda e Renzi. E con Gentiloni premier... (almeno questo è l'obiettivo finale).
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