Politica

Pier Silvio scende in campo? La politica nel futuro del figlio del Cav

Di Giuseppe Vatinno

Il dietro le quinte della lettera a Repubblica

Si tratta di una lettera “di sinistra” con cui l’erede di Mediaset si presenta come un uomo normale a cui piace parlare con la gente; non per niente si definisce “figlio di mio padre”

 

Qualche giorno fa Pier Silvio Berlusconi (54) ha pubblicato una “lettera aperta” a Repubblica che ha fatto un certo scalpore.

Non una lettera politica, come qualcuno poteva aver immaginato, ma una “lettera umana”, quasi liberatoria e catartica in cui si descriveva come una sorta di privilegiato uomo comune.

Con questo termine intendiamo dire che l’Ad di Mediaset non rinnega certo i suoi legami col padre ma vuole descriversi come un professionista che ama il proprio lavoro e ama coltivare l’amore per il proprio fisico, ma non in “fissa” – come lui stesso scrive - bensì più per le endorfine che la dipendenza fisica dalla fatica gli forniscono, tanto è vero che quando corre come Blade Runner in quegli spazi dell’anima che sono le spiagge sarde al confine con le pinete accarezzate dal mare verde - blu cobalto, prova un vero senso di libertà che sconfina quasi in una “esperienza spirituale”.

Detto questo, al di là della lettera in se stessa, occorre soffermarsi su quello che è un vero e proprio piano che sembra avere l’erede del Cavaliere e cioè superare il conflitto di interessi che ha bloccato il pieno sviluppo aziendale di Mediaset sia in Italia che – ad esempio - in Germania.

Quindi il primo passo è quello di normalizzare i rapporti con il “nemico storico”, cioè la sinistra a cui molti elettori hanno rimproverato di non aver voluto risolverlo quel conflitto di interessi per inerzia o per convenienza politica.

Dunque la lettera a Repubblica, abbastanza imprevista, si inserisce in un percorso ben preciso che l’erede di Mediaset ha evidentemente in programma.

Si tratta di una lettera “di sinistra” con cui l’erede di Mediaset si presenta come un uomo normale a cui piace parlare con la gente; non per niente si definisce “figlio di mio padre” che non è una banale tautologia, come potrebbe sembrare, ma si tratta di una vera e propria rivendicazione di leadership, anche emotiva.