Politica
Plastica, l'Italia ha qualche ragione. Ma così non risolve i danni ambientali
La procedura di infrazione Ue nei confronti dell'Italia: due approcci inconciliabili. Cipolloni: "Unicum che rischia di tradursi in sanzioni salate". Intervista
Plastica, l'Italia difende una filiera virtuosa. Ma che non risolve i danni ambientali
L'Italia non ha recepito "pienamente e correttamente" la direttiva europea sulla plastica monouso, violando gli obblighi previsti dalle norme sulla trasparenza del mercato unico. Questa la comunicazione inviata ieri da Bruxelles all'Italia, contestualmente con l'avvio di una procedura di infrazione. Un passaggio annunciato, in quanto la direttiva è in vigore da ormai due anni. Ora l'Italia ha due mesi per le proprie controdeduzioni o per colmare le lacune. Ma la Commissione europea ha di fatto avviato l'iter che potrebbe portare a sanzioni.
Non sarebbe la prima volta: è già accaduto ad esempio nel 2016 con i sacchetti di plastica biodegradabile. Mentre nel 2022 l'Italia aveva scampato la procedura relativa alla Direttiva Sup sulla riduzione degli articoli monouso in plastica che era invece stata indirizzata ad altri undici Paesi. Ora sotto i riflettori torniamo noi. Con una procedura che si aggiunge alle oltre sessanta attualmente aperte, per infrazioni sui più svariati temi. E con sanzioni che hanno già superato gli 800 milioni di euro in dieci anni.
Cipolloni: "Bioplastica, ragioni da ambo le parti, ma..."
Ma cosa sta chiedendo esattamente l'Ue? E perchè l'Italia si trova su una posizione di contrapposizione? Affaritaliani.it ne ha parlato con Daniela Cipolloni, giornalista scientifica ed inviata di Presa Diretta, nonchè co-autrice del libro-inchiesta "Mal di plastica - Verità e bugie sul materiale che ha sommerso il mondo ed è entrato nel nostro sangue". "C'è una questione procedurale ma anche una sostanziale: l'Italia non ha inteso tagliare la produzione di manufatti monouso in bioplastica, per difendere il proprio comparto ed una filiera divenuta effettivamente virtuosa. Ci sono ragioni da ambo le parti. Ma purtroppo produrre in bioplastica compostabile non equivale a risolvere il problema dei danni all'ambiente ed alla salute". L'intervista.
Cipolloni, che cosa ci contesta la Commissione europea?
Da una parte c'è una questione procedurale: l'Italia non ha rispettato i tempi tecnici nell'adozione della direttiva del 2022. Ma c'è anche una questione sostanziale, anche se nella comunicazione di Bruxelles non è specificata. La direttiva stessa non è stata recepita correttamente. Il tema è quello della plastica monouso biodegradabile. Con la direttiva Sup del 2019, l'Ue ha dichiarato guerra alla plastica monouso. Tutta, bioplastiche comprese. L'Italia non si è allineata con questa indicazione prevedendo una eccezione per la bioplastica compostabile
Ai non addetti ai lavori, il concetto di "bioplastica compostabile" sembrerebbe indicare la sostenibilità ambientale di tali prodotti. Non è così?
Innanzitutto, il termine "bioplastica" può essere ambiguo perchè fa riferimento sia alla biodegradabilità dei manufatti che alla loro derivazione da fonti vegetali. Ma la metà delle bioplastiche non è di fatto automaticamente biodegradabile ed è quindi equiparabile alla plastica tradizionale da questo punto di vista. Ma la Ue va oltre ed evidenzia anche le problematiche relative alle bioplastiche biodegradabili. Se gettiamo una cannuccia, un piatto, una forchetta o un bicchiere di bioplastica compostabile nell’ambiente, questa non sparirà come per magia. Non è come lasciare sul terreno un torsolo di mela. Si tratta di materiali che non si biodegradano da soli: i tempi di decomposizione in natura sono paragonabili alla plastica tradizionale. Il nodo cruciale è: quanti di questi prodotti vengono effettivamente conferiti correttamente? E poi non tutti gli impianti di compostaggio industriale riescono a gestire i prodotti rigidi, che non diverranno quindi mai compost ma saranno scartati e inviati all’inceneritore. A fronte di queste problematiche legate a uno scorretto smaltimento, e considerando che di fatto quasi il 50% della plastica che oggi inquina spiagge, mari e oceani è monouso, l'Ue ha preso una posizione netta. Senza eccezioni possibili
E qui nasce la contrapposizione con l'Italia...
Il nostro Paese è tra i principali produttori di bioplastica e dal 2022 ha avviato un braccio di ferro per difendere la propria filiera. Un comparto che, come raccontato nel libro, vede coinvolte quasi trecento aziende con 3mila addetti, per un fatturato annuo cha ha superato il miliardo di euro. Una filiera indubbiamente virtuosa. Ma che non è la risposta richiesta dall'Ue, la quale punta invece alla sostituzione delle bioplastiche monouso con prodotti riutilizzabiil o in materiali alternativi
Come andrà a finire questo braccio di ferro?
L'Italia sapeva di aver preso una iniziativa non concordata. Quindi questa procedura era attesa, come il rischio di ricevere pesanti sanzioni. C'erano già state delle contestazioni. Anche perchè la scelta dell'Italia resta un unicum nel panorama europeo, un'eccezione che il Paese ha perseguito in via unilaterale, con implicazioni e conseguenze anche sul mercato unico europeo. Una sorta di "colpo di mano" che potrebbe ora tradursi in multe salate se non vi si pone rimedio. Ora ci sono due mesi per mettersi in regola oppure per motivare le proprie ragioni. La Commissione europea potrebbe dunque decidere di portare il caso davanti alla Corte di giustizia, procedendo con la richiesta di sanzioni. Siamo di fronte a due posizioni apparentemente inconciliabili, con ragioni da ambo le parti.