Politica
“Polo di centro alleato del Pd”. Il renziano che non chiude al M5s
Intervista a D’Alessandro (Iv): “L’asse portante devono essere Pd e forze liberaldemocratiche. Solo dopo bisogna aprire ai Cinque stelle"
Con le amministrative che si avvicinano e, più in generale, in vista delle prossime elezioni politiche, il tema delle alleanze strategiche torna centrale. Si muove il Pd di Enrico Letta, ma c’è fermento anche al centro. La costituzione di una federazione che unisca liberaldemocratici ed europeisti già vede impegnati i partiti +Europa e Azione. E Italia viva come si pone rispetto al tema delle alleanze? Dall’incontro tra il leader Matteo Renzi e il segretario dem è emersa solo una chiusura di Iv rispetto alla possibilità di stare all’interno di una stessa alleanza con i Cinque stelle. Che tradotto significa anche una chiusura al Pd? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Camillo D’Alessandro, il deputato di Iv che da mesi solleva all’interno del suo partito il problema politico della collocazione naturale di Italia viva nel centrosinistra: “L’incontro tra Letta e Renzi è già in sé una buona notizia – ha detto, intervistato dal nostro giornale –. Al di là della narrazione che ne è seguita, infatti, credo che sia stato fatto un passo avanti”. Dopodiché, per D’Alessandro, “ben venga un’aggregazione riformista, ma che non sia a sé stante”. La sua ricetta è chiara: “Questa aggregazione e il Pd siano l’asse portante di un’alleanza che poi si apra anche ad altre forze politiche sulla base di un programma chiaro”.
D’Alessandro, per Italia viva è tempo di definire una sua precisa collocazione, non le pare?
Assolutamente sì. Adesso ci aspetta un duplice lavoro. Il primo è quello di una aggregazione di forze liberali e riformiste che sono dentro e fuori il Parlamento, penso a iniziative come quella di Marco Bentivogli.
E il secondo?
E’ quello di una chiara adesione politica e tematica alla costruzione di un nuovo centrosinistra italiano.
L’esito dell’incontro tra Renzi e Letta, però, non pare andare proprio in questa direzione.
Intanto, è una buona notizia l’incontro e, al di là della narrazione che ne è seguita, credo che sia stato fatto un passo importante sia da Letta che da Renzi. Dopodiché, come per ogni coalizione, è necessario partire da un programma per arrivare ad una identità di vedute. E’ questo che si aspettano gli italiani a cui chiederemo i nostri voti.
Ma il paletto sul M5s posto da Renzi non è un ostacolo sulla strada delle alleanze?
Comprendo le ragioni che derivano da una evidente distanza su questioni, temi e programmi che hanno mostrato nell’azione dell’esecutivo precedente l’impossibilità di andare avanti. Sottolineo, però, che la coalizione di governo non nasceva dalle elezioni, ma da una iniziativa parlamentare. Se si parte da un programma condiviso si riducono le distanze. A condizione che tutti siano disponibili a rinunciare ad un pezzo anche di furore ideologico, penso ad esempio al tema del giustizialismo dei Cinque stelle. Questa è la sfida. Se tutti fanno un passo di lato, io credo che ci saranno le condizioni per costruire un’alleanza. Chiaramente la disponibilità è tutta da verificare.
Ma questo vale in primis per Italia viva. Giuilano Ferrara sul Il Foglio ieri invitava Renzi ad una riflessione. Condivide?
Ferrara fa un appello a Renzi. In pratica sostiene che, di fronte a un campo avversario - il centrodestra - che non cambia, è inutile non compiere un passo deciso verso un’alleanza chiara. E’ un appello condivisibile. Ritengo che occorra muoversi su un terreno che ci consenta di portare il riformismo in una piattaforma di governo e non di fare mera testimonianza.
Giusto muoversi per la costituzione di un polo di centro?
E’ un lavoro che dobbiamo fare. Dobbiamo cioè costruire con le forze liberali e riformiste un potenziale unico contenitore. Ma attenzione.
A che cosa?
Non risolve la questione di fondo. Anche questo polo, infatti, dovrà decidere il campo che vorrà contribuire a coltivare. Ed io credo che questo nodo vada sciolto velocemente.
Che per lei rimane il centrosinistra. La linea del suo partito tuttavia sembra attendista.
Non è così. Italia viva non è più ferma rispetto a un posizionamento che rischiava di essere concepito come retorico e cioè cristallizzato nella formula né con sovranisti e né con populisti. Sono convinto che l’incontro di Letta con Iv e con le altre forze politiche possa aprire la strada verso quello che io chiamo un nuovo centrosinistra italiano. Del resto, l’Ulivo nasceva dall’ alleanza di forze progressiste e di centro e poi si alleava con forze non esattamente di questo campo, come Rifondazione comunista.
Sta dicendo che dovrebbe replicarsi uno schema simile?
Sto dicendo che Iv insieme agli altri partiti di area liberale e riformista devono costruire col Pd un nuovo centrosinistra che, poi, si allarga al M5s. L’asse portante deve essere questo. Non deve accadere il contrario, con il Pd che va dai Cinque stelle col cappello in mano. Nulla di diverso da quanto ha detto il segretario Letta il giorno dell’insediamento, rovesciando un po’ la logica della segreteria Zingaretti, incentrata sulla figura di Conte quale riferimento dei progressisti italiani.
D’accordo, ma insisto: per Renzi resta comunque il boccone M5s da digerire...
Renzi ha chiarito in assemblea il mese scorso che mai ci alleeremo con Salvini e Meloni, aggiungendo il mai con i populisti. Questo è vero. Ma sono convinto che neanche il Pd potrebbe accettare un programma giustizialista e populista dei Cinque stelle, gli assalitori del palazzo poi diventati condomini.
Qual è la sua ricetta, allora?
Questo è il tempo che potremmo definire della “lavatrice Draghi”. Un tempo, insomma, che cambierà oggettivamente la politica italiana e sta già cambiando il Movimento, che non è più un M5s di fede dibattistiana. Ciò che dovremo costruire, insomma, è un’alleanza che sia la prosecuzione dell’agenda Draghi. E non un’alleanza sulla base dei programmi precedenti.
Tornando al polo di centro. Vede anche Forza Italia in questo perimetro?
Forza Italia, per come è strutturata, non avrà mai la forza di staccarsi dai suoi alleati sovranisti. Anche perché insieme governano 15 Regioni e centinaia di comuni. Cosa diversa e auspicabile, invece, è che alcune personalità di FI possano staccarsi.
Chi, per esempio?
Mara Carfagna o Renato Brunetta. I protagonisti del governo Draghi, insomma. Immagino che sarà difficile per loro, infatti, passare da questo esecutivo ad uno magari a guida Meloni.