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Pensioni Quota 103, è fatta. Chi e come andrà in pensione dal 1° gennaio

Pensioni Quota 103: come funziona la riforma del governo Meloni

Pensioni Quota 103, un provvedimento che costerà 700 milioni di euro


Quota 103, quasi fatta. L'ufficialità arriverà nelle prossime settimane, ma sul fronte pensioni si va verso una mini-riforma ponte per il 2023, per evitare lo scalone del ritorno alla Fornero. Spunta una "nuova" Quota, con limite molto preciso di età anagrafica. Scontate le proroghe fino al 31 dicembre dell'anno prossimo di Opzione donna e Ape Sociale, strumenti di flessibilità pensionistica pensati per le donne con carriere discontinue (Opzione donna) e per i lavori usuranti (Ape Sociale). 

Nella manovra saranno pochi i soldi per le pensioni. Il piano, si legge su www.today.it, c'è: si dovrebbe poter lasciare il lavoro in anticipo rispetto ai requisiti della Fornero con 62 anni d'età e 41 di contribuzione, per il solo 2023, oppure sfruttando Opzione donna e Ape sociale. Non ci sarà molto altro nella Legge di Bilancio.

Per individuare una misura che superasse l'attuale Quota 102 restava all'esecutivo una cifra vicina al miliardo. Poco, ed è per questo motivo che è tramontata Quota 41 senza limiti d'età. Si rende così necessario un requisito anagrafico, individuato a 62 anni, da affiancare ai 41 anni di contributi. Quasi 45mila i lavoratori che potrebbero sfruttare questa via per andare in pensione.

Secondo il Sole 24 Ore, il costo del mix "62+41" (Quota 103) "dovrebbe avvicinarsi ai 700 milioni, rendendo così possibile la destinazione della restante fetta della dote al prolungamento di un anno di Opzione donna, che consente alle lavoratrici di accedere alla pensione anticipata con il ricalcolo contributivo dell’assegno, e dell’Ape sociale". Secondo altre stime pubblicate sempre dal quotidiano di Confindustria, una Quota 102 per il 2023, costruita su 61 anni di età e 41 di contributi, sarebbe costata molto di più: oltre 1,3 miliardi sempre nel solo 2023, con 89mila soggetti interessati. Per questo motivo il pressing di alcune parti della maggioranza per abbassare il requisito anagrafico difficilmente avrà successo.

Sulla conferma di Ape sociale e Opzione donna per il 2023 dubbi non ce ne sono mai stati: c'è anche l'ok dei sindacati. Il cosiddetto anticipo pensionistico, ormai a tutti noto come Ape, è un progetto che consente il prepensionamento, senza alcun onere economico, a specifiche categorie di lavoratori che abbiano raggiunto una certa età anagrafica (più altri requisiti).  L'Ape sociale, dove Ape sta per anticipo pensionistico, è un’indennità erogata da parte dello Stato destinata a soggetti - al momento basata su 63 o più anni di età in particolari condizioni di difficoltà, per esempio perché hanno svolto per anni lavori gravosi o perché assistono un coniuge con una disabilità o ancora perché si sono ritrovati disoccupati senza la possibilità di diventare a tutti gli effetti pensionati per motivi di età  - che hanno necessità di un aiuto economico prima di poter accedere alla pensione di anzianità. L'Ape sociale, introdotta nel 2017, con l'ultima manovra è stata prorogata anche al 2022. Succederà lo stesso pure nel 2023.

Opzione donna permette di lasciare il lavoro, ricalcolando però tutto l'assegno col sistema contributivo (e perdite sulla pensione netta mensile che possono arrivare anche al 30 per cento), avendo maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per le autonome. Con qualche possibile minima modifica, anche questa opzione di pensionamento anticipato sarà confermata l'anno prossimo.