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Politica
RdC, la verità sulla riforma. Il testo integrale: tutte le novità. Esclusivo
 
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L’articolo 26 dispone, al comma 1, l’integrazione del Fondo nazionale per le politiche
migratorie, di cui all’articolo 45 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di un importo
pari a euro 2.427.740 per l’anno 2023.
Il D.P.C.M. del 28 marzo 2022, che disciplina la protezione temporanea in Italia per le
persone fuggite dall’Ucraina a causa dell’invasione russa e arrivate in Italia, ha previsto,
all’art. 8 (Disposizioni finali e finanziarie) “che agli oneri derivanti dall’attuazione dell’art.
2, commi 3 e 4, pari a complessivi € 2.427.740,00 per ciascuno degli anni 2022 e 2023, di
cui € 2.132.200,00 annui relativi al comma 3 ed € 295.540,00 annui relativi al comma 4, si
provvede, a valere sul Fondo nazionale per le politiche migratorie di cui all’art. 45 del
TUI”. A tal proposito, si specifica che il capitolo di spesa n. 3783 denominato “Fondo
nazionale per le politiche migratorie”, di cui risulta titolare la Direzione Generale
dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle
Politiche sociali, riceve una dotazione finanziaria annua pari ad € 10.000.000,00. La norma
si riferisce alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dell’art. 2, commi 3 e 4, dello
stesso D.P.C.M. del 28 marzo 2022 con cui vengono disciplinate le modalità del rilascio
del permesso di soggiorno di durata annuale agli sfollati provenienti dall’Ucraina da parte
del Questore del luogo in cui la persona è domiciliata, ai fini della protezione temporanea
degli stessi.
 
Art. 27
Il decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, all’art. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 luglio 2022, n. 91, avente ad oggetto “Disposizioni urgenti in materia di sostegno alle famiglie
per la fruizione dei servizi di trasporto pubblico”, ha introdotto il c.d. “bonus trasporti”, quale
misura di sostegno al reddito e di contrasto all’impoverimento delle famiglie conseguente
alla crisi energetica globale.
L’articolo 27 del decreto -legge 9 agosto 2022 n. 115, convertito con modificazioni dalla
legge 21 settembre 2022, n. 142, ha modificato il suddetto articolo 35, aumentando il
precedente finanziamento a 180 milioni di euro per l'anno 2022.
 
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L’articolo 12 del decreto-legge 23 settembre 2022 n. 144 ha rifinanziato il Fondo destinato
all’erogazione del bonus trasporti con l’incrementato di ulteriori 10 milioni di euro per
l’anno 2022.
Infine, l’articolo 3, comma 14, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, convertito,
con modificazioni, dalla legge 13 gennaio 2023, n. 6, ha limitato la disponibilità
complessiva del Fondo bonus trasporti, con la riduzione di 50 milioni, portando, in
definitiva, l’ammontare del fondo in questione a 140 milioni.
Alla data del 1° marzo 2023, a fronte di 2461 istanze pervenute al 28 febbraio 2023, è stata
riscontrata la legittimità di 1834 richieste di rimborso, per una spesa di euro
142.715.342,05, di cui 70.273.044,48, già liquidate (decreto direttoriale n. 40/275 del 19
ottobre 2022, decreto direttoriale n. 40/326 del 15 novembre 2022, decreto direttoriale n.
40/393 del 07 dicembre 2022).
Risultano, peraltro, in fase di istruttoria n. 3 ulteriori istanze, per un onere pari ad euro
15.318, 23.
Considerato lo stanziamento previsto a legislazione vigente e le istanze pervenute oltre il
31 dicembre 2022 e fino al 28 febbraio 2023, si evidenzia, dunque, l’impossibilità di poter
liquidare tutte le somme correttamente rendicontate, stante il superamento del limite di
spesa per l’anno 2022, per l’importo di euro 2.730.660,28 (= 142.715.342,05 + 15.318,23
– 140.000.000).
Con l’emendamento in esame, pertanto, si propone di utilizzare, nei limiti del predetto
importo, le risorse previste, per il 2023, dall’articolo 4 del decreto-legge 14 gennaio 2023,
n. 5, anche per le richieste di rimborso presentate al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali, relativamente all’anno 2022, entro il 28 febbraio 2023.
 
Art. 28
L’intervento non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ma
esclusivamente una estensione, in coerenza con le finalità del Fondo in parola, dei suoi
possibili utilizzi.
 
Art. 29
 
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La proposta normativa allegata intende riconoscere la maggiorazione di cui all’art 4 comma
8 del decreto legislativo 230 del 2021, prevista per i nuclei in cui entrambi i genitori siano
titolari di reddito da lavoro, per i minori appartenenti a nuclei ove, al momento della
presentazione della domanda è presente un solo genitore lavoratore poiché l’altro risulta
deceduto.
Attualmente la maggiorazione di cui all’art. 4 comma 8, è riconosciuta per ciascun figlio
minorenne presente in nuclei in cui entrambi i genitori sono percettori di reddito da lavoro,
in misura pari, nel 2022, a 30 euro mensili per un ISEE pari o inferiore a 15.000 euro, e si
riduce gradualmente per livelli di ISEE superiori fino ad annullarsi in corrispondenza di
un ISEE pari o superiore a 40.000 euro (o in mancanza di ISEE).
Secondo quanto disposto, tale maggiorazione verrebbe riconosciuta dal primo gennaio
2023 per ciascun figlio minore anche per le situazioni in cui l’unico genitore presente sia
titolare di reddito da lavoro e l’altro risulti deceduto, ma titolare di reddito da lavoro al
momento del decesso.
La platea dei possibili beneficiari è stata ricavata a partire dai dati presenti negli archivi
amministrativi INPS relativi all’Assegno Unico Universale, con riferimento al periodo di
competenza marzo-dicembre 2022.
I minori che hanno ricevuto l’assegno unico nel periodo di osservazione per i quali risulta
la presenza di un solo genitore, poiché l’altro risulta deceduto, sono pari circa a 80mila al
mese: di questi circa 60mila sono orfani di padre e 20mila di madre. Ipotizzando in via
cautelativa che per il primo aggregato i padri deceduti risultavano tutti titolari di reddito
da lavoro autonomo o dipendente, mentre le madri decedute solo per il 60%, e
considerando il numero di percettori stabile e il riconoscimento della misura massima della
maggiorazione per tutti i mesi dell’anno, la stima dell’onere per il triennio 2023-2025 è
esposto nel prospetto che segue.
 
anno
Numero figli beneficiari
della maggiorazione
Onere annuo della
maggiorazione
(milioni di euro)
 
151
 
2023
72.000
28,0
2024
72.000
30,2
2025
72.000
32,7
 
Art. 30
La disposizione in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
 
Art. 31
L’articolo 13 della legge 1338 del 1962 disciplina la regolarizzazione dei periodi
contributivi caduti in prescrizione dando facoltà al datore di lavoro di costituire, tramite
la corresponsione della riserva matematica, una rendita vitalizia reversibile pari alla
pensione o quota di pensione che spetterebbe al lavoratore in relazione ai contributi
omessi (comma 1).
La norma concede inoltre la possibilità al lavoratore di sostituirsi al datore di lavoro
quando non possa ottenere da quest’ultimo la costituzione della rendita (comma 5); tale
facoltà sussiste anche nel caso in cui il lavoratore abbia già ottenuto la pensione e può
essere esercitata dai superstiti del lavoratore.
La legge non prevede una specifica disposizione sulla scadenza della facoltà di costituzione
della rendita vitalizia; tuttavia, va evidenziato che la Suprema Corte ha recentemente
confermato che, in base al principio di certezza del diritto, sussiste un termine finale entro
il quale il lavoratore interessato può esercitare il diritto potestativo a vedersi costituire la
rendita di cui all’art.13 della legge n.1338 del 1962, per i contributi omessi e tale
prescrizione non può essere che quella ordinaria decennale (sentenza a Sez. Unite, del 14
settembre 2017 n.21302).
Le strutture territoriali dell’INPS, in assenza di istruzioni amministrative a livello centrale
e sulla base delle indicazioni fornite dalle Avvocature distrettuali che eccepivano la
prescrizione del diritto alla costituzione della rendita vitalizia, hanno agito in modo non
uniforme rispetto ai termini di prescrizione.
 
152
 
La disposizione in esame istituisce un nuovo diritto in capo al lavoratore per consentire la
costituzione della rendita vitalizia successivamente alla scadenza dei termini prescrizionali.
Il comma 2 della norma introdotta intende modificare l’art.31 della legge 24 maggio 1952,
n.610, precisando le regole di calcolo dell’onere secondo l’art. 4 del decreto legislativo
n.184 del 1997 confermando il criterio di riparto enunciato nel regio decreto-legge 3 marzo
1938, n.680.
In ogni caso la proposta normativa, confermando la possibilità di esercitare la facoltà di
riscatto oltre i termini prescrizionali, segue la stessa modalità applicativa concessa nel corso
del tempo dall’INPS e per tale motivo dalla medesima non derivano nuovi o maggiori
oneri.
 
Art. 32
La norma non comporta oneri per la Pubblica Amministrazione, in quanto regola
esclusivamente modalità di trasferimento di risorse fra Enti della PA. Viceversa, la
modifica del tasso di rendimento annuo riconosciuto sui contributi, che viene posto in
linea con quello riconosciuto dal sistema pensionistico contributivo (media quinquennale
del PIL) invece del 4,5% assicura la neutralità rispetto agli equilibri interni a ciascuna
gestione, che vede aumentare o ridurre il valore attuale dei benefici pensionistici
riconosciuti dello stesso aumentare delle somme trasferite. Analogo risultato è ottenuto
anche per le contribuzioni legate a residui periodi nei quali opera il sistema retributivo,
attraverso la previsione che le somme trasferite costituiscano la riserva matematica sulla
base della quale calcolare l’incremento della prestazione riconosciuta, senza oneri
aggiuntivi per la gestione ricevente e superando il sistema precedente che metteva a carico
del lavoratore che chiedeva la ricongiunzione la differenza, che risulta ora azzerata.
 
Art. 33
L’attuale regime sanzionatorio per l’omesso versamento delle ritenute di cui all’articolo 2,
comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, prevede:
- per importi superiori a 10.000 euro la reclusione fino a 3 anni e una multa fino a
1.032;
 
153
 
- per importi fino a 10.000 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
10.000 a euro 50.000.
Il datore di lavoro non è punibile, soggetto alla sanzione amministrativa, quando
provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica
dell’avvenuto accertamento della violazione.
La disposizione in esame intende mitigare la sanzione amministrativa da irrogare in caso
di omesso versamento delle ritenute previdenziali di importo fino a euro 10.000 annui
applicando una sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezzo dell’importo
omesso fino a quattro volte il medesimo importo.
Dai dati forniti dalla DC entrate dell’Istituto risulta che le omissioni fino a tutto il 2019
notificate ma non sanate nei tre mesi successivi e non superiori a 10.000 euro sono circa
1.035.000. L’importo medio omesso risulta di circa 465 euro.
La norma che si intende modificare sta trovando una prima applicazione ma allo stato non
ci sono consolidati effetti nei tendenziali di finanza pubblica, anche in considerazione del
fatto che le sanzioni vengono conteggiate nel bilancio dell’Istituto solo al momento
dell’incasso e non al momento dell’accertamento del relativo credito.
Tra l’altro si consideri che l’attuale regime sanzionatorio particolarmente severo rende
poco probabile l’incasso di importi consistenti soprattutto in periodi di difficoltà
economica, diversamente con sanzioni più moderate si renderebbe più esigibile il credito
con effetti finanziari migliorativi.
Pertanto, si ritiene che la disposizione non produca effetti negativi per la finanza pubblica
in termini di minori entrate.
 
Art. 34
La disposizione apporta modifiche alla disciplina prevista per la deduzione dal reddito
complessivo, ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dei
contributi previdenziali versati in relazione agli addetti ai servizi domestici e all'assistenza
personale o familiare (art 10, comma 2 del TUIR), innalzando il limite vigente di 1.549,37
euro a 3.000 euro.
 
154
 
Mediante elaborazioni effettuate sui dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche
relative all’anno d’imposta 2019, sulla base della distribuzione di dette spese, si stima che
l’incremento del limite da 1549,37 a 3.000 euro determini una ulteriore spesa deducibile di
circa 148 milioni di euro.
Applicando un’aliquota marginale media del 40%, si stima una variazione di gettito IRPEF
di competenza annua di -59,2 milioni di euro e di -2,6 e -1,0 milioni di euro
rispettivamente di addizionale regionale e comunale, per un costo complessivo di circa -
62,8 milioni di euro.
Di seguito l’andamento finanziario, considerando l’entrata in vigore della norma a
decorrere dal 2023:
 
2023
2024
2025
IRPEF
0,0
-103,6
-59,2
Addizionale
regionale
0,0
-2,6
-2,6
Addizionale
comunale
0,0
-1,3
-1,0
Totale
0,0
-107,5
-62,8
In milioni di euro
 
Art. 35
Dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica trattandosi
di intervento normativo di carattere ordinamentale.
 
Art. 36
Contratto di espansione interprofessionale per aziende oltre i 50 dipendenti Proroga per
gli anni 2024 e 2025
Modifica commi 1, 1-ter e 5-bis
Per gli anni dal 2022 al 2025 viene ampliato il limite minimo di unità lavorative in organico
per le aziende che possono richiedere l’accesso al trattamento di agevolazione all’esodo:
 
155
 
tale limite non può essere inferiore a 50 unità calcolate complessivamente nelle ipotesi di
aggregazione di imprese stabile con un'unica finalità produttiva o di servizi.
Qualora, il datore di lavoro si impegni ad effettuare almeno una assunzione per ogni tre
lavoratori che abbiano prestato il consenso alla stipula del contratto di espansione, la
riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro opera per ulteriori dodici mesi, per
un importo calcolato sulla base dell'ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione
NASpI al lavoratore.
Ipotesi di lavoro e stima degli oneri
Il quadro macroeconomico di riferimento è quello delineato sulla base dei parametri
contenuti nella NADEF di novembre 2022.
Si prevedono nuovi o ulteriori oneri per la finanza pubblica derivanti dall’ampliamento
della platea delle aziende e dell’estensione temporale dell’applicazione della norma.
Ai fini della valutazione si è ipotizzata una platea complessiva di 17.400 lavoratori
rientranti nel campo di applicazione del comma 5-bis, articolo 41 del d.lgs. 148/2015, che
a partire da giugno 2023 dà luogo ai seguenti contingenti annuali: 1.000 lavoratori per un
periodo di spettanza teorica della NASPI di 24 mesi, e 4.800 lavoratori appartenenti ad
aziende con più di 1.000 addetti per un periodo di 36 mesi. Per questi ultimi si suppone
che le aziende di appartenenza si impegnino ad effettuare almeno una assunzione ogni tre
lavoratori che abbiano prestato consenso al contratto di espansione, e che pertanto
possano ottenere la riduzione dei versamenti per ulteriori 12 mesi.
La platea dei lavoratori è stata individuata selezionando complessivamente una percentuale
di circa il 4% dei lavoratori delle aziende che occupano almeno 50 dipendenti e che si
trovano ad oggi a non più di 60 mesi dal raggiungimento dei requisiti di pensionamento.
Con riferimento al collettivo in esame la retribuzione media mensile considerata è pari a
circa 2.850 euro e l’importo della prestazione è pari all’importo massimo teorico di NASPI
rivalutato al tasso di inflazione desunto dal quadro macroeconomico programmatico, per
ciascuno degli anni di applicazione della norma (dal 2023 al 2025). L’importo massimo
teorico di NASpI iniziale (anno 2023) è pari a 1.460 euro, il corrispondente valore iniziale
della copertura figurativa (art. 12 D.Lgs 22/2015) utilizzato per le proiezioni è pari a 674,6
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