Politica
Dove ci conduce Renzi
Di Gianni Pardo
La possibilità di conoscere il futuro è quella pretesa sciocca che arricchisce le chiromanti. Quando gli avvenimenti dipendono da una miriade di decisioni individuali – come avviene per i fenomeni di Borsa – è perfino difficile conoscere le linee di tendenza. Per questa ragione le elezioni politiche riservano tante sorprese. Quanti hanno previsto il successo del Movimento 5 Stelle nel 2013?
Il nostro grande punto interrogativo si chiama Matteo Renzi. Non soltanto per le sue sorti personali, ma perché non sappiamo dove sta andando l’Italia. Indubbiamente con Renzi il Partito Democratico è divenuto qualcosa di diverso da ciò che era prima e sembra essersi trasformato in una formazione di centro. Addirittura, in qualche caso, sposandone il programma. Né si possono dimenticare: lo scontro con i sindacati; il linguaggio meno acido e meno divisivo verso gli avversari, mentre a volte lo è verso i colleghi di partito; la possibilità di accordi con la cosiddetta destra, si pensi al Patto del Nazareno; la dichiarazione di guerra alle tasse. Un’infinità d’innegabili sintomi che per la prima volta hanno creato all’interno del partito una dichiarata opposizione.
Dopo avere tentato di rovesciare Renzi, molti dei dissidenti, in nome dei vecchi ideali, hanno lasciato il Pd e l’esodo s’è infine trasformato – è notizia di questi giorni – nel tentativo di formare un nuovo gruppo parlamentare e un nuovo partito. Dovrebbe chiamarsi Sinistra Italiana, proprio per certificare che il Pd non è più un partito di sinistra, e dovrebbe allearsi con SEL.
A giudicare dalle esperienze del passato, riguardo alle scissioni, i fuorusciti non dovrebbero andare lontano. Ma non si sa mai. Bisognerà vedere chi ha meglio compreso le tendenze del popolo italiano che si dice di sinistra.
Per molti decenni il nostro elettorato s’è diviso in due. A “destra” la Democrazia Cristiana o comunque una grande coalizione di partiti moderati; a sinistra una grande coalizione guidata dal partito comunista o dai suoi successori. Recentemente abbiamo assistito a un grandioso rigetto dei partiti che si è tradotto nella nascita del Movimento 5 Stelle. Questa formazione è rimasta ai margini per anni, tanto che non sappiamo se alle prossime elezioni ciò sarà visto come un atout o come la dimostrazione della sua inutilità. Non rimane che aspettare. Inoltre l’ipotesi di un suo drammatico calo di voti pone il problema di dove andrebbero i suoi elettori in libera uscita. Molti delusi dalla sinistra forse si rifugeranno nell’astensione, altri si butteranno nella nuova Sinistra Italiana, altri infine torneranno obtorto collo a votare per il Pd.
Renzi ha indubbiamente mietuto parecchi successi. Ma bisognerebbe capirne il significato. Può darsi si sia reso conto che il massimalismo di sinistra non paga più e che il partito deve essere di centro-sinistra, e perfino disposto ad allearsi con i partiti di centro. Ma bisognerebbe sapere se ha veramente intercettato un nuovo sentimento della sua base. Molta parte della sua fortuna dipende dagli avvenimenti che hanno operato a suo favore: dal basso prezzo del petrolio al calo dei tassi d’interesse sul debito pubblico, dall’attività della Banca Centrale Europea al fatto che la crisi doveva prima o poi allentare la sua morsa. Da questa fortuna è derivato che molta gente, anche se non ha mai votato per il Partito Democratico, lo vede come una speranza. Ma non si può contare sempre sulla fortuna. Qualche rovescio potrebbe rappresentare per i “nuovi” delusi del Pd l’occasione di un ricupero dei vecchi ideali e delle vecchie mitologie. La destra sembra smarrita perché le è venuto a mancare il nemico comunista, ma potrebbe ritrovare vigore e senso se il governo, anche per ragioni non dipendenti dalla sua volontà, si trovasse in gravi difficoltà. Nulla ha più successo del successo, dicono gli americani. Ma è anche vero l’inverso: nulla ha più insuccesso dell’insuccesso. I nostri “fondamentali” per giunta rimangono disastrosi. Renzi dunque sembra vincente ed è sempre sostenuto dai media, ma alla prima incertezza i Maramaldi non mancheranno certo. In fondo nessuno è invincibile.
Se l’obiettivo è il partito della nazione, forse Renzi ha visto giusto. E gli si può anche augurare che sia così, non foss’altro per fare uscire il Paese dall’ipnosi della sinistra estrema. Ma non si può evitare di rimproverargli lo stile. La vicenda di D’Alema dimostra che già l’essere “antipatici” può costituire un grave handicap. E dire che D’Alema in fondo si è limitato a qualche insopportabile ghigno, mentre Renzi è arrivato al conclamato disprezzo, alla provocazione, all’insulto, quasi che l’odio volesse attirarselo. Questo è un errore. Prima di comportarsi così bisognerebbe dimostrare che si è capaci di durare decenni e decenni, più di un felpato Andreotti. Mentre Renzi i molti decenni non li ha nemmeno vissuti.
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