Politica

Sulle riforme Renzi tira dritto. E se va sotto in Aula si dimette


Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)


"Non se ne parla proprio". Matteo Renzi, parlando con i suoi più stretti collaboratori a Palazzo Chigi, ha escluso categoricamente di accettare la modifica al ddl Boschi per introdurre il Senato elettivo. La mediazione sui listini regionali è stato il massimo che il premier ha voluto e potuto concedere. L'ex sindaco di Firenze non è abituato ai compromessi ed è stanco di trattare con la minoranza dem. A questo punto - è il ragionamento del capo del governo - si va allo scontro in Aula. O la va la spacca. Se gli emendamenti sul Senato elettivo, sia quelli della sinistra Pd sia quelli delle opposizioni, bene e avanti più forti di prima. In caso contrario, un flop su un tema chiave per il presidente del Consiglio porterebbe quasi certamente alle dimissioni di Renzi e alla richiesta immediata di elezioni anticipate. Un voto che vedrebbe l'Italicum per la Camera e il Consultellum per Palazzo Madama ma che Renzi trasformerebbe in un referendum su stesso accusando i vari Cuperlo, Bersani, Bindi & C. di non averlo fatto governare. C'è però anche un'altra possibilità, ovvero quella della nascita di un esecutivo a tempo e del Presidente, ovvero di diretta emanazione del Capo dello Stato. Sergio Mattarella, nonostante le accuse di Grillo di essere troppo filo-Renzi, tenterà di far nascere un nuovo governo prima di mandare il Paese alle urne con due leggi elettorali diverse. Graziano Delrio e Giuliano Amato sono i due nomi che circolano per un governo tecnico o del Quirinale, che avrebbe come obiettivo principale, oltre a una Legge di Stabilità che metta i conti in oridni ed eviti l'aumento dell'Iva (clausole di salvaguardia), la riforma della legge elettorale per poter votare a maggio-giugno del 2016 con una riforma condivisa e che garantisca governabilità.