Requiem Pd: Martina Jekyll, Renzi Hyde, i due volti del disastro dem - Affaritaliani.it

Politica

Requiem Pd: Martina Jekyll, Renzi Hyde, i due volti del disastro dem

Marco Zonetti

I dem lacerati fra l'anima mite ma inconsistente di Martina e quella strabordante di Renzi, mentre in Italia si celebra il funerale dell'opposizione

Maurizio Martina è stato dunque eletto segretario del Pd. Un segretario a tempo, tempo di traghettare il partito al congresso immediatamente precedente alle elezioni europee del 2019, l’appuntamento elettorale che – più di ogni altro – potrebbe evidenziare nella sua tragicità la fine del partito democratico. Un mandato a orologeria, che inquieta nel profondo i dem.

Tornano alla mente le immagini del 2014: Renzi all’apice della gloria, il Pd al 40 % dei consensi, il mondo in tasca per una forza politica che andava – almeno a parole – rottamando il vecchio per affacciarsi su nuove entusiasmanti avventure proiettate direttamente nel futuro.

Oggi, solo quattro anni e una decina di sconfitte consecutive più tardi, fra le quali quella più cocente delle politiche, i dem sono lacerati da una frattura bipolare che delinea i due volti della crisi. Due volti rappresentati dal nuovo segretario Maurizio Martina, eletto con molte polemiche, e dall’ex segretario Matteo Renzi, colui che annuncia abbandoni e promette sempre di defilarsi ma in un modo o nell’altro torna sempre a riproporsi come una pietanza pesante da digerire.

Martina, mite e gentile, e inconsistente; Renzi, brillante e smargiasso, e strabordante. Due anime che mal si conciliano per un partito che stenta a trovare la strada smarrita in un’Italia politica ormai dominata dal piglio risolutivo – almeno a parole – di Matteo Salvini, che si sta mangiando tutti, alleati di governo (leggi Luigi Di Maio) e alleati di coalizione (leggi Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni).

La tanto celebrata giovinezza del Renzi primo ministro appare ormai una reliquia del passato, un graffito rupestre che perde il confronto con gli studiatissimi selfie di Salvini, capace di galvanizzare le folle come il ragazzo prodigio di Rignano sull’Arno non riesce più a fare da troppo tempo.

E senz’altro riesce difficile pensare che un uomo come Maurizio Martina, che piace a pochi nel suo stesso partito, possa arginare lo strapotere mediatico del leader della Lega (al momento in luna di miele con il Paese) e il dilagare impetuoso del toscano suo collega di partito che invece sembra non essersi accorto di essere allo stesso Paese inviso. Il toscano suo collega di partito che, grazie a una strategica blindatura delle candidature nella famigerata notte dei lunghi coltelli al Nazareno, controlla ancora un certo numero di deputati e senatori.

Il tragico verdetto dei sondaggi commissionati da Renzi per valutare il possibile avvio del sognato partito macroniano ha gelato ogni velleità dell’ex premier di tornare alla ribalta da solo, e lo ha messo di fronte alla sua situazione di prigioniero di un partito che sta inesorabilmente morendo. E se il Pd è l’unico tronco cui Renzi può aggrapparsi per restare a galla nel naufragio del partito, si può capire bene quanto il mandato di Martina non sia solo a tempo ma anche minacciato dal rampantismo renziano, che neanche varie batoste elettorali hanno saputo sopire.

Lacerato fra il dottor Jekyll Martina e il mister Hyde Renzi, come nell’omonimo romanzo di Stevenson, il Pd sembra avviato inesorabilmente verso la fatidica implosione, lasciando l’Italia senza una opposizione degna di questo nome. E questa, malgrado il credo politico di riferimento, sarebbe la sciagura più tremenda non per il Pd, bensì per il Paese stesso.